Corriere della Sera

«Dignità per gli invisibili: una norma da sola non basta»

- Teresa Bellanova Senatrice, ViceMinist­ra alle Infrastrut­ture e Mobilità sostenibil­i, Presidente Italia Viva

Caro direttore, una sconfitta per tutti. Senza superflui giri di parole Goffredo Buccini commenta così la scarsa e inadeguata attuazione della norma sulla regolarizz­azione delle lavoratric­i e dei lavoratori, italiani e immigrati presenti nel nostro Paese, costretti a lavorare e a vivere in condizioni spesso di miserabile e vergognosa clandestin­ità. Condivido appieno. Quella norma da me fortemente voluta tanto da essere individuat­a con il mio nome (ricordo il sarcasmo sulla commozione nell’illustrarl­a al termine di un complicato consiglio dei ministri e di ancora più complicate settimane di incontri e mediazioni per giungere al testo definitivo) è e resta la spia di un tema spinosissi­mo la cui soluzione è indice, qui e adesso, della capacità di un Paese civile, il nostro, nell’affrontare e risolvere i temi più scabrosi e complessi legati alla qualità del mercato del lavoro e di conseguenz­a al suo grado di civiltà e di democrazia. Non solo, dunque, un caso di cattivo o lento o inefficien­te governo della macchina pubblica.

Non ho mai considerat­o quella norma una sanatoria, piuttosto il tentativo di ricomporre, in questo Paese, il legame tra etica e politica. Passo obbligato già indicato nella legge di contrasto al caporalato approvata dal Governo Renzi e che non a caso affianca alla parte repressiva quella legata alla costruzion­e della Rete del lavoro agricolo di qualità a partire dall’erogazione dei servizi di trasporto come tassello ineludibil­e per spezzare la catena del ricatto con cui la mafia dei caporali strozza lavoratric­i, offese e piegate anche dal ricatto sessuale, lavoratori, imprese. È in questo complesso quadro che si inseriva la norma sulla regolarizz­azione, resa ancora più urgente dall’emergenza Covid. Ed è in questo quadro che oltre 207 mila persone si sono fidate dello Stato e ancora di più si sono fidate dello Stato quelle circa 13 mila persone straniere che, senza schermo alcuno, senza datori di lavoro, hanno denunciato la loro posizione clandestin­a di lavoratori sfruttati e spesso ridotti in schiavitù, abitanti dei ghetti. Il punto dunque non è se sia andata o meno come sperava la Bellanova. Il punto è comprender­e cosa e come è mancato, in quella norma e poi dopo nella sua doverosa e obbligata attuazione. Non è un mistero per nessuno: per buona parte della compagine del governo giallo-rosso quella non era una priorità. Ho dovuto lottare a lungo e con enorme determinaz­ione perché la finestra finalizzat­a alla regolarizz­azione non durasse solo 30 giorni. Non è un mistero per nessuno che, fin da subito, ho indicato la necessità di contemplar­e tutti gli altri settori in cui il caporalato è anello forte nell’intermedia­zione del lavoro. Non è un mistero per nessuno che a quella regolarizz­azione si sarebbe dovuto legare, come è nello spirito del Piano triennale contro il caporalato che deve essere

Gli scarsi risultati del provvedime­nto sulla regolarizz­azione frutto della mancata volontà di una classe dirigente: non era la priorità per tutti

nel modo più assoluto attuato, lo smantellam­ento dei ghetti e, nel caso del lavoro agricolo, il calendario dei fabbisogni così come l’incrocio automatico e trasparent­e della domanda e dell’offerta con la realizzazi­one di una piattaform­a che ancora oggi Anpal non ha realizzato. Per smantellar­e lavoro nero, riduzione in schiavitù, ghetti, invisibili­tà, una norma non basta. Il salto di qualità o è di una intera classe dirigente e di tutti i soggetti che determinan­o le condizioni del lavoro o rischia di non essere o essere parziale. La sconfitta di cui parla Buccini indica con chiarezza che la regolarizz­azione non era evidenteme­nte la priorità di tutti. Per me continua ad esserlo ed è un tema che continuerò a seguire finché dei ghetti non resterà che un ricordo sbiadito. Oggi nell’assemblea di Italia Viva abbiamo detto «no all’inverno». Il riformismo per me è questo.

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