«Chi è affetto da disagio psichico non va dimenticato»
Ho una sorella che vive in una comunità riabilitativa per persone affette da disagio psichico. Il disagio è diagnosticato come una malattia per la quale ci si cura prendendo dei farmaci, cercando di condurre una vita dignitosa che avvicini e includa queste persone nella società, convivendo con un male che causa molta sofferenza psicologica. Nella vita pre-Covid mia sorella poteva recarsi nel weekend a casa dei genitori, passare del tempo di qualità insieme a loro. Da un anno questo non è, comprensibilmente, più possibile. Negli ultimi 4 mesi io e mia madre l’abbiamo vista 30 minuti prima di Natale e altri 30 minuti in occasione del compleanno della mamma. In entrambi i casi in giardino, con distanziamento e mascherine. Come familiari comprendiamo la preoccupazione e la difficoltà di gestire una comunità, in cui educatori, psicologi e personale devono entrare e uscire. Il tracciamento è stato efficace e sono stati individuati casi di positivi, poi isolati etc. Il personale della comunità è stato o è in corso di essere vaccinato. Ma qualcuno ha pensato agli ospiti/utenti? Qualcuno ha pensato alle donne e agli uomini, ragazze e ragazzi che vivono una vita reclusa, senza poter vedere i familiari? La sensazione dopo tanti mesi è che queste persone siano state dimenticate. Nel frattempo però la vita scorre, passa, la loro autonomia regredisce, e la vita relazionale si impoverisce, e questo vale anche per i loro familiari. Le persone che vivono in comunità terapeutiche psichiatriche, ma anche di altro tipo, non hanno voce. Vaccinare queste persone permetterebbe loro gradualmente di poter tornare a uscire, vedere i propri familiari, tornare a prendere in mano la loro vita…