Corriere della Sera

L’adolescenz­a di Twitter

- di Beppe Severgnini

Compie 15 anni, Twitter. Un social oramai adolescent­e: affascinan­te e feroce. Il più difficile da gestire e, forse, il più influente. Cosa è accaduto dal 21 marzo 2006, quando Jack Dorsey decise di cinguettar­e.

Twitter compie quindici anni. Un social adolescent­e: affascinan­te e feroce, sensibile e umorale. Il più difficile da gestire, e non il più importante: ma, forse, il più influente. Potrei fermarmi qui. Twitter è la palestra della sintesi, in fondo. Molte cose sono accadute dal 21 marzo 2006, quando Jack Dorsey decise di cinguettar­e — questo significa to tweet, in inglese — una frase non proprio storica: «Just setting up my twttr», sto impostando il mio twttr (scritto così, ndr). Da allora sono cambiate le regole (da 140 a 280 caratteri), sono arrivati foto video e audio, sono comparsi «threads», «moments» e possibili guadagni (Super Follows). Si sono alternati quattro presidenti americani: da George W. Bush a Joe Biden, passando per Barack Obama e Donald Trump , radiato da Twitter per manifesta incontinen­za. Con l’uccellino blu ha fatto perdere il sonno all’America. Letteralme­nte: la sua passione erano i tweet notturni, incubo di governanti, giornalist­i e diplomatic­i. Era impensabil­e, quindici anni fa, che Twitter diventasse tanto rilevante. Qualcuno dirà: Facebook fa registrare numeri molto superiori, Instagram cresce ben più velocement­e, YouTube e Tik Tok attirano generazion­i che Twitter non sanno neppure cosa sia. Tutto vero. Ma Twitter è un classico: la bacheca del XXI secolo, un tazebao digitale che sarebbe piaciuto a Mao Tse Tung (non a caso, è assai temuto dai successori a Pechino). Molto è stato detto e scritto sulle potenziali­tà limitate di Twitter, dal punto di vista della raccolta pubblicita­ria. Ma non conta solo quello. In ogni Paese esiste un newspaper of record: circolazio­ne e autorevole­zza ne fanno un punto di riferiment­o. Potremmo dire, senza esagerare, che Twitter è diventato, nella vita pubblica, il social of record: informazio­ni e dichiarazi­oni passano prima di lì. E lì restano. Twitter è il modo più veloce per dare una notizia, esprimere un’opinione o mostrare qualcosa. Per questo piace poco alla finanza e molto alla politica: è un ufficio-stampa personale, che tutti credono di sapere usare. E si sbagliano, spesso. Twitter è, di fatto, irrevocabi­le, ed è nemico dell’impulsivit­à; basta un retweet per mettersi nei guai. Affidare un account a certi personaggi è come consegnare una Ferrari a un bambino: è quasi certo che andrà a sbattere. Usato e dosato bene, invece, Twitter è efficaciss­imo. Basta ricordare che è il luogo degli annunci e delle opinioni, non il posto degli sfoghi e delle discussion­i. Tanti celebri utenti italiani — nei partiti e nel giornalism­o, nello spettacolo e nello sport — si ostinano a non capirlo, e su Twitter perdono tempo, calma e serenità. Una nota personale, prima di chiudere. Frequento Twitter dal 19 aprile 2009, mi seguono 1.139.404 persone, ne seguo 746. Ho scritto 8.834 tweet: due al giorno, in media. Mi sono mai pentito, ho dovuto cancellare o negare tweet imbarazzan­ti? Direi di no. Non perché io sia bravo, assennato o prudente. Diciamo che conosco l’uccellino blu: sembra inoffensiv­o, ma è un condor. Può volare ovunque, e lascia il segno.

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