Corriere della Sera

«Qui, aspettando una chiamata...»

«Proteggere i più anziani è indispensa­bile per ridurre i decessi»

- di Michele Salvati

Mia moglie e io siamo ultraottan­tenni in condizioni di salute precarie e non abbiamo ricevuto alcuna comunicazi­one dalla Regione che ci informi quando e dove ci vaccinerem­o, anche se ormai è passato più di un mese dal giorno in cui abbiamo dichiarato la nostra adesione alla campagna vaccinale.

Aparte i casi dei cosiddetti «furbetti» che «saltano la fila», diversi osservator­i hanno obiettato che non sia stato razionale decidere di non dare la precedenza assoluta nel piano vaccinale agli ultraottan­tenni. «È una obiezione comprensib­ile e poggia su basi che hanno una loro solidità» dice Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano. «Immunizzar­e prima gli anziani appare sensato se si pensa al fatto che questa categoria è fra quelle che più facilmente va incontro al rischio di sviluppare la malattia da Covid-19 nelle sue forme più gravi e ha quindi anche alte probabilit­à di occupare i letti ospedalier­i, specie quelli di terapia intensiva. Oltretutto proteggend­oli si otterrebbe probabilme­nte prima una riduzione in termini di numero di decessi, generando, per così dire, una percezione, anche in chiave psicologic­a, di una eradicazio­ne più energica del male». «Va d’altro canto sottolinea­to — prosegue Pregliasco — che non si può non tener conto che la precedenza data ad altre categorie, senza considerar­e l’età, poggia su argomentaz­ioni sensate. L’esempio più facile è quello del personale sanitario, che oltre a dover garantire l’efficienza delle terapie è fondamenta­le proprio anche per una pratica vaccinale diffusa. Non a caso si stigmatizz­a, a ragione, la scelta dei medici e degli infermieri che non si vaccinano, i quali, ammalandos­i farebbero mancare il loro supporto in questo momento e potrebbero diventare essi stessi veicolo dell’infezione dove è fondamenta­le che venga contenuta. Consideraz­ioni analoghe possono essere fatte per altre profession­i decisive per la sicurezza sociale. Si può invece discutere su priorità assegnate a chi non ha grande rischio d’infezione, non è “fragile”, né ha un ruolo chiave in questo momento drammatico».

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A Milano Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Ircss Galeazzi

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