Corriere della Sera

«Il vaccino? Nato a colazione, l’abbiamo disegnato in 48 ore»

Ugur Sahin e Özlem Türeci sono i pionieri tedeschi della tecnica mRna. «Ora vogliamo battere il cancro»

- di Mathias Döpfner

Il 25 gennaio 2020 stavate facendo colazione, parlando dello strano virus in Cina. Lo stesso giorno c’è stato il primo contagio in Germania. Verità o leggenda? Ugur Sahin: «È vero. Venerdì sera avevo letto un articolo sulla rivista Lancet. Il focolaio di Wuhan era noto da tre settimane. Ho fatto qualche ricerca, e mi sono convinto che l’epidemia non si sarebbe limitata alla Cina. Ne abbiamo discusso a colazione: non avevamo dubbi che il virus sarebbe arrivato in tutto il mondo. Ma sapevamo di essere in possesso di una tecnologia che ci avrebbe permesso di sviluppare un vaccino molto rapidament­e. Sapevamo di dover fare qualcosa».

Özlem Türeci: «Sulle riviste mediche avevamo letto della nuova malattia polmonare nella provincia di Hubei. Ugur ha cominciato a pianificar­e i primi passi per lo sviluppo di un vaccino subito. Abbiamo deciso nel weekend, il team si è messo al lavoro lunedì».

In un certo senso, il momento perfetto per applicare le conoscenze della tecnologia mRna a un grande caso concreto?

S: «Sì, benché avessimo in mente altre cose per il 2020, tutta la ricerca sul cancro, l’avevamo appena presentata a San Francisco. Improvvisa­mente, tutto è cambiato». Può spiegarmi in parole semplici che cosa è l’mRna?

S: «L’mRna è un pezzo di informazio­ne genetica che mette a disposizio­ne delle cellule un piano specifico per costruire le proteine. È un processo naturale nelle cellule, come quando si prende un hard disk, il Dna, e si fa una copia, l’Rna, che si chiama Rna messaggero. Abbiamo trovato molto interessan­te questo messaggero, perché ha una caratteris­tica fantastica. È un vettore di informazio­ni, come un’email, che dopo che è stata aperta viene cancellata. La cellula svolge la sua funzione naturale e opera secondo le nostre istruzioni. Il trucco, per restare sull’esempio dell’email, è di assicurars­i che il messaggio non finisca nello spam, ma che venga effettivam­ente usato per dare istruzioni. Se riusciamo a farlo in modo efficiente, la cellula farà quello che deve fare».

Ingannare il sistema immunitari­o che crede di avere un virus, benché in realtà non ci sia?

S: «Sì. È un training del sistema immunitari­o senza avere bisogno del virus».

È vero che il vaccino è stato sviluppato in 48 ore, e tutto il resto del tempo è stato necessario per studi e test?

S: «Sì, abbiamo creato 10 candidati in tempo breve, e poi altri 10. Non sapevamo quale era il candidato giusto, perché sapevamo ancora poco del virus». Quindi, avete iniziato con 20 varianti?

S: «Si può dire che il vaccino di oggi è stato disponibil­e già nel febbraio dell’anno scorso. Ma non era chiaro se funzionava. Servono dati e risultati clinici da studi molto ampi». Qual è stato il momento eureka? Quando avete capito: ci siamo riusciti!

S: «Più tardi ancora. Una domenica di novembre. Avevamo terminato la fase 3 dello studio con più di 40.000 volontari e ci aspettava la valutazion­e di una commission­e indipenden­te. Ci siamo svegliati presto al mattino, sapevamo che era il giorno della verità. Avevamo creato il vaccino migliore possibile, ma non sapevamo come avrebbe reagito il virus. Eravamo pronti a una valutazion­e negativa. Alle 8 di sera i colleghi dagli Stati Uniti ci chiamano. Resto in apnea 5 secondi, poi la voce all’altro capo della linea dice: “Il risultato è positivo, con un’efficacia superiore al 90%”. Questo è stato il momento eureka».

Voi siete stati incredibil­mente veloci, ma l’Ue ha ordinato il vostro vaccino con molta lentezza. Siete preoccupat­i del fatto che l’Europa sembri poco efficace nel trovare soluzioni in questa crisi globale?

S: «Secondo me non si dovrebbe parlare di colpevoli in una crisi. Le persone con le quali collaboria­mo nell’Ue sono tutte orientate alle soluzioni. L’Ue agisce e ognuno deve dare il suo contributo. Siamo sulla strada giusta».

È così diplomatic­o che potrebbe anche lavorare per la Ue. Qualche consiglio costruttiv­o al governo tedesco?

T: «Non ho un consiglio preciso. Penso che si tratti di una macchina che corre per la prima volta: ha bisogno di molte corse per trovare una routine. È un processo di apprendime­nto su tutti i livelli. Come funziona la distribuzi­one? Come si trasporta il vaccino? Come lo si conserva? Come s’informano le persone che si vogliono vaccinare? Che cosa si fa con il vaccino che avanza? Sono temi complessi, serve una collaboraz­ione di tanti attori». Si può dire che i tedeschi siano stati troppo perfezioni­sti e poco pragmatici?

S: «Si è trattato di correttezz­a, che è giusto, ma abbiamo anche bisogno di pragmatism­o». Con quale percentual­e di vaccinati potremmo dire di avercela fatta e esserne fuori?

T: «Non si sa ancora. Tanti esperti ritengono quando saremo al 70%».

S: «È molto importante vaccinare gli anziani. Hanno un rischio più alto di ammalarsi. Quando saremo riusciti a immunizzar­e gli anziani, raggiunger­emo ben presto una situazione in cui la mortalità e il ricovero caleranno». Consiglia a ogni ragazzo over 16 di vaccinarsi?

S: «Sì, anche ai ragazzi, ma più tardi dopo ulteriori test clinici. La loro percentual­e è importante per raggiunger­e l’immunità di gregge». Quando la Germania raggiunger­à la percentual­e del 70%?

S: «Possiamo immaginarc­i che succederà a fine settembre». Il vostro obiettivo: battere il virus oppure conviverci?

S: «Il virus non sparirà. Vedremo se avremo bisogno di una vaccinazio­ne ogni anno oppure ogni 5 anni». Voi non volevate lottare contro una pandemia, ma trovare una terapia contro il cancro.

T: «Siamo oncologi. Sappiamo bene che cosa devono sopportare i pazienti malati di cancro. Le terapie standard per molte forme tumorali raggiungon­o molto rapidament­e il limite, e si deve informare il paziente che purtroppo non se ne possono offrire altre. Ci siamo resi conto molto presto che si potrebbe fare molto di più se i risultati della ricerca fossero portati al paziente in tempo reale. Non vedevamo nessun altro modo per farlo che diventare imprendito­ri. Abbiamo fondato aziende e Ong per sviluppare farmaci contro il cancro. La nostra idea è quella di usare il sistema immunitari­o contro il cancro. Questo è l’obiettivo di BioNTech».

L’aziende vale molto, e avete molta disponibil­ità di denaro. Quanti candidati ha, in questo momento, per farmaci contro il cancro?

S: «Abbiamo 30 candidati. È vero, il successo del vaccino porta una trasformaz­ione all’azienda. Per la prima volta abbiamo vere entrate da reinvestir­e».

I vostri successi dipendono molto dai dati, dall’analisi dei dati e dalla loro trasparenz­a. Israele sembra il laboratori­o del coronaviru­s più interessan­te, perché i dati di più del 90% della popolazion­e sono disponibil­i. E quindi si possono trarre tante conclusion­i. E i conflitti sulla privacy?

S: «L’idea di base è: più sappiamo del paziente e del suo tumore, meglio possiamo adattare i nostri farmaci. Naturalmen­te, noi generiamo dati. Per esempio, esaminiamo il tumore del paziente e determinia­mo la mutazione in modo da sviluppare poi un farmaco individual­izzato. Per generare questi dati abbiamo bisogno di un accordo con il paziente. Serve un modulo informativ­o che deve essere molto chiaro sull’uso dei dati. Questo è molto importante anche per noi. Non abbiamo intenzione di sviluppare un modello di business con questi dati. I dati che abbiamo non sono resi disponibil­i a nessuno». Mai?

S: «Mai».

guarderemo indietro, Quando sarete tra ricordati cent’anni come ci gli inventori o quelli del primo che più vaccino hanno contro contribuit­o il coronaviru­s nella T: «Noi lotta ci al auguriamo cancro? il secondo. Il cancro è un anche male se non altrettant­o viene percepito grande di così». una pandemia, Quanto S: «Dal punto a lungo di vista può vivere biologico, un uomo? possiamo già immaginarc­i che con dei trattament­i la durata della vita possa significat­ivamente allungarsi».

T: «È un campo in cui ci sono molti progressi, per esempio nella medicina rigenerati­va». Ed è un bene, arrivare a 200 anni?

T: «Se rimaniamo sani. Alla fine si tratta di questo: invecchiar­e senza malattie o fragilità».

Siete figli di Gastarbeit­er (lavoratori stranieri, ndr), lei signora Türeci nata in Germania, lei Sahin in Anatolia. Che legami avete con la Turchia?

S: «I nostri genitori sono morti, lì abbiamo ancora dei parenti».

Tra di voi parlate tedesco?

T: «Sì». Che ne pensate della Turchia attuale?

S: «La conosciamo poco per dare giudizi». E la libertà, cos’è per voi?

S: «Per me è la possibilit­à di decidere da soli cosa fare».

T: «È la base dell’innovazion­e, del cambiament­o, della trasformaz­ione. Che non esistono senza la libertà».

Anche se vivete di vaccini, vi siete dichiarati contro l’obbligo di vaccino. Per una questione di libertà?

S: «Sì, ognuno deve decidere per sé. Ma noi dobbiamo garantire trasparenz­a, perché ciascuno lo possa fare». Cos’è l’amuleto che porta sempre?

S: «In turco si chiama Nazar Boncuk. È un occhio che protegge dagli sguardi maligni». (Traduzione di Christina Ciszek) © Welt am Sonntag Ugur Sahin e Özlem Türeci sono i vincitori dell’Axel Springer Award: l’intervista è stata realizzata in quell’occasione

I tedeschi? Hanno agito con grande correttezz­a, ma serve pragmatism­o

Vivere fino a 200 anni? Perché no, l’importante è riuscire a rimanere sani

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Ugur Sahin e Özlem Türeci, marito e moglie, fondatori di BioNTech. Hanno inventato il vaccino, poi prodotto con Pfizer
Coppia Ugur Sahin e Özlem Türeci, marito e moglie, fondatori di BioNTech. Hanno inventato il vaccino, poi prodotto con Pfizer

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