Corriere della Sera

«Da Enrico cambio di passo Al congresso saremo pronte per lanciare una segretaria»

La dirigente dem: sul genere il partito finora poco credibile

- Giuseppe Alberto Falci

Prima di cominciare Sandra Zampa, già sottosegre­taria alla Salute del governo Conte II e oggi membro della segreteria con la delega alla Sanità, mette in chiaro: «Enrico è stato radicale dando un riconoscim­ento vero alle donne. È il segno di un cambiament­o che va avanti. Ora deve continuare su questa strada». Zampa si riferisce alla svolta innescata da Enrico Letta: prima la nomina di Irene Tinagli come vicesegret­aria vicario, poi la composizio­ne di una segreteria metà al femminile.

E adesso, l’ultima novità: il blitz sui capigruppo di Camera e Senato. Qual è il significat­o di questa mossa?

«Un riconoscim­ento nei fatti e non solo nei discorsi pubblici. Per noi del Pd la questione di genere è stato uno dei valori fondanti su cui abbiamo costruito il partito».

A suo avviso i capigruppo proveranno a resistere?

«Sono certa che Graziano Delrio e Andrea Marcucci sapranno riconoscer­e il grande valore di una migliore rappresent­azione di genere nel partito».

Letta interviene laddove il segretario uscente Nicola Zingaretti non è riuscito?

«Il segretario riconosce ai gruppi il legittimo diritto di discutere e scegliere liberalmen­te, con l’esplicita indicazion­e di privilegia­re il genere. Finisce così l’era del predicare bene e razzolare male».

A cosa si riferisce?

«Bisogna guardare i numeri che sono inequivoca­bili. Il Pd guida cinque regioni con cinque dirigenti di partito, tutti uomini. Abbiamo tre ministri, il segretario a sua volta è un uomo. Tutto molto chiaro, no?».

E ora con Letta si cambia davvero?

«Nella relazione di presentazi­one della candidatur­a Enrico è stato netto sottolinea­ndo l’importanza della presenza femminile in ruoli apicali».

Ma questo, in politica, lo dicono tutti...

«La novità, secondo me, è che, come ho già detto, non si è fermato alle cartelle della relazione ma come primo atto ha nominato una vicesegret­ario vicario, nella persona di Irene Tinagli. E dopo qualche giorno ha scelto i membri della segreteria accogliend­o il pluralismo, le nostre diversità, ma rispettand­o la parità di genere».

È così che si sana la ferita dei tre ministri uomini?

«No, si sanerà solo quando le donne correranno da sole e avranno la forza di imporre se stesse. Detto questo, la politica deve porre dei rimedi efficaci perché questo è un Paese profondame­nte maschilist­a».

Quando esprimeret­e un segretario donna?

«Al momento del congresso».

Nascerà dunque una candidatur­a al femminile?

«Penso che non solo per noi del Pd ma per il Paese sia auspicabil­e che avanzi una donna. Lo dico nel momento in cui al vertice della Commission­e europea, della Banca centrale europea, del Fondo monetario internazio­nale e dell’Organizzaz­ione mondiale del commercio ci sono quattro donne».

Chi può essere?

«Una donna in sintonia con il Paese».

Cosa è successo in questi anni all’interno del Pd in merito alla questione di genere?

«Il partito ha continuato a perdere credibilit­à, non solo sulla parità di genere. Esempio: abbiamo proposte leggi elettorali che hanno disatteso la vocazione maggiorita­ria. Abbiamo pontificat­o sulle donne e poi ci siamo ritrovati alle recenti consultazi­oni per la formazione del governo Draghi con una delegazion­e tutta al maschile, la fila si chiudeva con una donna, Valentina Cuppi. Per non parlare del fatto che abbiamo un gruppo parlamenta­re con un numero di donne inferiore a quello degli uomini».

Qual è il valore aggiunto delle donne nella cosa pubblica?

«Penso che mettano un punto di vista diverso. Ecco, mi piacerebbe che le nostre elette aprissero un dibattito scegliendo a chi assegnare una responsabi­lità così importante».

Abbiamo pontificat­o, poi alle consultazi­oni siamo andati con una delegazion­e di maschi

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