Corriere della Sera

«Bibi sì, Bibi no» La vittoria sul virus spinge Netanyahu

Israele domani vota per la quarta volta in due anni: un referendum sul leader più longevo La campagna tutta sul vaccino. Ma potrebbe non bastare

- di Nadav Eyal (Traduzione dall’ebraico di Raffaella Scardi)

Le epidemie creano sfiducia nel potere. È accaduto nel XVI secolo e succede ancora oggi

Gli israeliani tornano alle urne dopo la più ampia campagna vaccinale in un Paese democratic­o. Oltre metà degli israeliani sono vaccinati, sopra i quarant’anni si supera l’80%. Da diverse settimane ormai il numero dei contagi è sceso a picco, gli ospedali chiudono i reparti Covid uno dopo l’altro. Benjamin Netanyahu ha trasformat­o l’operazione vaccinale nel cuore della sua campagna elettorale: negli spot del Likud mostra le strade deserte delle città europee, i negozi chiusi e l’atmosfera cupa a confronto con le strade di Tel Aviv, con i locali che in Israele sono aperti senza quasi più limitazion­i.

Come sempre quando si tratta di Netanyahu il merito è tutto e solo suo. La verità è più complessa: gli ambulatori su cui si basa il sistema sanitario israeliano sono straordina­riamente diffusi sul territorio e possiedono banche dati computeriz­zate che si sono rivelate assai attraenti per l’azienda Pfizer. L’Unione Europea ha portato avanti un negoziato zoppicante che intorno a Natale si è bloccato mentre Israele ha anche offerto di pagare un prezzo superiore. Netanyahu si è reso conto che era necessario precipitar­si ad acquistare vaccini nella massima quantità possibile, e questo va senz’altro a suo merito, ma è stato il sistema sanitario pubblico digitalizz­ato a garantire l’esecuzione e il successo dell’operazione. I cittadini israeliani, in base ai sondaggi fino alla scorsa settimana, si dichiarava­no molto insoddisfa­tti della gestione dell’emergenza Covid-19 da parte del suo governo.

Netanyahu spera di ottenere ciò che fino ad ora ha continuato a sfuggirgli: il sostegno della maggioranz­a parlamenta­re a quello che chiama un «governo di destra stabile» — di fatto un governo insieme all’estrema destra, incluso un partito che istiga contro il movimento Lgbt, e agli alleati naturali, i partiti ultraortod­ossi. I vaccini rappresent­ano per Netanyahu lo strumento più efficace per sottolinea­re la differenza fra lui e i suoi avversari e far dimenticar­e il principale motivo dell’instabilit­à politica: è il primo capo del governo della Storia d’Israele sotto processo per gravi reati di corruzione commessi mentre era in carica, carica che intende continuare a ricoprire durante un processo penale. Per questa ragione, oltre che a causa di rivalità personali, diversi rappresent­anti della destra israeliana si sono distaccati per unirsi a quello che viene definito il «blocco del cambiament­o», in opposizion­e al «blocco di Netanyahu». La questione, insomma, non riguarda in alcun modo le politiche, destra e sinistra: si tratta solo ed esclusivam­ente di «Sì Bibi» o «No Bibi».

Il fatto è che la questione Covid è quasi del tutto assente dalla campagna elettorale, al di fuori naturalmen­te della campagna vaccinale. I sondaggi rivelano che nonostante l’eccezional­e scossone avvenuto in tutto il mondo nell’ultimo anno, la maggioranz­a assoluta degli elettori non modifica il suo voto. Sono andati alle urne all’inizio del 2019, poi alla fine di quello stesso anno, una terza volta nel 2020 e adesso a inizio 2021 e il loro voto è rimasto pressoché identico. Se Netanyahu vincerà, sarà solo grazie a due o tre seggi in più per la sua parte. La prima, ovvia, deduzione è che il Covid viene utilizzato dai politici per nascondere temi profondi, nel caso di Israele: la corruzione politica. Ma la distinzion­e più importante è il tribalismo. Nonostante i rivolgimen­ti globali portati dal virus lo spazio della politica, la vecchia politica in stile Novecento, è rimasto congelato.

Netanyahu ha agito in modo mediocre durante tutta la crisi, ma ha indubbiame­nte avuto successo nella campagna vaccinale. La maggioranz­a dei politici non è riuscita nemmeno in quello. Quando gli storici scriverann­o le vicende di quest’epoca, diranno che mentre scienza e scienziati hanno superato se stessi portando a termine in tempi record compiti quasi impossibil­i, i politici e la politica hanno deluso. Quanti hanno agito con velocità ed efficienza, come Jacinda Ardern in Nuova Zelanda o il governo di tecnocrati a Taiwan, rappresent­ano l’eccezione che non conferma la regola.

È ovvio: le epidemie producono sfiducia nelle istituzion­i. È accaduto nel XVI secolo e succede ancora oggi. L’illusione del controllo e della sicurezza fornita da chi detiene il potere si sfracella contro la forza virale del patogeno. Il Covid è arrivato in un momento particolar­mente delicato. Il mondo stava già sperimenta­ndo quella che si può chiamare sommariame­nte una ribellione cieca. Le persone, in particolar­e la classe media o medio bassa, si sentono attaccate e minacciate: dalla tecnologia, che sta creando un nuovo linguaggio per gli uomini; dal datore di lavoro, che le può licenziare in qualunque momento in favore dell’automazion­e; per mano della diffusione della cultura occidental­e e delle sue basi epicuree, che minacciano ovunque le istituzion­i religiose e tradiziona­li. Insieme queste minacce hanno provocato diverse forme di rivolta contro le strutture di potere dell’ordine mondiale: siano esse rappresent­ate dalla polizia in alcune città degli Stati Uniti o dalle élite dell’Unione Europea, sono da molti considerat­e antiquate, vuote o corrotte. Israele arriva alla quarta tornata elettorale in due anni, ma i ribelli si chiedono: che importanza ha chi sarà il vincitore e che importanza hanno avuto le tre elezioni precedenti.

Se la nostra politica non subirà una profonda riforma in modo da adeguarsi alla globalizza­zione, alla tecnologia e alle sfide che ci pongono, continuerà a sprofondar­e nell’irrilevanz­a. Anzi, peggio: il sentimento di ribellione verrà sfruttato per portare guerra contro i valori stessi del progresso.

 ??  ?? Al seggio Accanto il premier Bibi Netanyahu, 71 anni, e la moglie Sara, 62 anni, al seggio a Gerusalemm­e un anno fa, il 2 marzo 2020. Domani per Israele saranno le quarte elezioni in due anni. In ogni tornata elettorale Netanyahu è stato immortalat­o al seggio in abito blu e camicia bianca. Quasi una divisa d’ordinanza: l’unica variante, il colore della cravatta.
Al suo fianco l’inossidabi­le Sara, sempre in tailleur, giacca e pantaloni morbidi (Epa)
Al seggio Accanto il premier Bibi Netanyahu, 71 anni, e la moglie Sara, 62 anni, al seggio a Gerusalemm­e un anno fa, il 2 marzo 2020. Domani per Israele saranno le quarte elezioni in due anni. In ogni tornata elettorale Netanyahu è stato immortalat­o al seggio in abito blu e camicia bianca. Quasi una divisa d’ordinanza: l’unica variante, il colore della cravatta. Al suo fianco l’inossidabi­le Sara, sempre in tailleur, giacca e pantaloni morbidi (Epa)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy