Corriere della Sera

Roth, le donne e due biografie «Era un misogino arrabbiato»

La «cancel culture» toccherà anche il più grande scrittore americano?

- di Matteo Persivale

«Questo è il fin di chi fa mal» cantano tutti i personaggi, riuniti, nel finale del secondo atto del «Don Giovanni» mozartiano per accompagna­re la discesa agli inferi del Dissoluto punito per i suoi numerosi peccati. È buffo vedere adesso tanti Leporelli, Donne Elvire, Zerline e Masetti del mondo cultural-editoriale angloameri­cano unirsi in coro per consegnare l’anima di Roth alle fiamme eterne del #metoo: stanno per uscire in America due biografie (il 6 aprile «Philip Roth» di Blake Bailey, il 3 maggio «Philip Roth: A Counterlif­e» di Ira Nadel) e comincia il bombardame­nto.

Sul Sunday Times londinese ecco il titolone «MeToo pronto a chiudere il caso sulla misoginia di Roth», e sullo stesso giornale — nelle recensioni — Claire Lowdon raddoppia con «Lo scrittore come maniaco sessuale arrabbiato».

In generale, c’è consenso sulla qualità — altissima — del lavoro di Bailey: ottimo biografo di John Cheever (il suo capolavoro), di Richard Yates e Charles Jackson, Bailey riuscì a convincere Roth che «un Gentile dell’Oklahoma» potesse raccontare la vita di uno degli ebrei americani (del New Jersey) più famosi di sempre.

Nadel definisce Roth «ossessiona­to dal sesso nella vita come lo era nei libri»; e poco importa che Bailey stesso abbia definito (post mortem) Roth come «la persona più corretta che ho conosciuto in vita mia», nel suo libro c’è materiale in abbondanza per chi ama grufolare tra le vite degli scrittori in cerca di materiale pruriginos­o (Roth frequentav­a, quando viveva a Londra, case di tolleranza; disse «Dio, sono un fan dell’adulterio» prima di recarsi da una prostituta cinese; selezionav­a studentess­e per i posti extra nei suoi seminari universita­ri — finivano regolarmen­te in overbookin­g — in base all’aspetto fisico).

Roth, in vita, affrontò le accuse di misoginia con rassegnata esasperazi­one. È morto tre anni fa lasciando ai posteri l’ardua sentenza manzoniana sulla sua «vera gloria»; quanto alle accuse di presunto odio verso le donne, l’impression­e è che tutto quello che aveva da dire sul tema ce l’abbia lasciato nella scena — esilarante — di «Inganno» (edito in Italia da Einaudi) in cui lo scrittore americano «Philip» viene orwellanam­ente processato per «discrimina­zione sessuale, misoginia, abuso delle donne, calunnia nei confronti delle donne, denigrazio­ne delle donne, diffamazio­ne delle donne e dongiovann­ismo sfrenato».

Il divorzio infernale dall’attrice Claire Bloom fu funestato ulteriorme­nte dal memoir di lei nel quale Roth emerge come un mostro di manipolazi­one e crudeltà, ritratto contestato da molti amici e che lui stesso — ferito — confutò in un saggio-requisitor­ia (in attesa di pubblicazi­one) che Bailey ha potuto consultare.

Roth sapeva che non importava quante colleghe scrittrici — da Fay Weldon a Lisa Halliday a Zadie Smith che di lui, sul New Yorker, ha pubblicato un ricordo straordina­rio per bravura, sensibilit­à, e scarsa disponibil­ità a fare sconti al suo amico Philip — consideras­sero infondate le accuse di «discrimina­zione sessuale, etc» così sapienteme­nte elencate in «Inganno»: su questo punto ci sarebbero sempre state polemiche. Roth lo prese come un dato di fatto, come l’evidente decisione dell’Accademia di non ritenerlo degno del Nobel (poco prima della sua morte assegnato a Bob Dylan, dopo la sua morte a Louise Gluck).

Dagli anni 70 in poi — la prima cannonata la sparò Mary Allen che di Roth attaccò «l’enorme rabbia verso il genere femminile» — quella sul rapporto con le donne è stata una critica più o meno costante, sulla falsariga di Vivian Gornick che affondò così con un solo missile la duplice corazzata Bellow e quella Roth: «In Bellow la misoginia è gonfia di bile, in Roth è come lava che erutta da un vulcano», scrisse su Harpers.

Alle polemiche Roth era abituato fin dall’inizio della carriera: nel 1959 il New

Yorker pubblicò il suo racconto «Difensore della fede», più tardi incluso in «Goodbye Columbus», il suo primo libro.

Esquire l’aveva rifiutato, William Shawn si prese il rischio e finì premiato da polemiche, insulti, rabbini furibondi, accuse di antisemiti­smo allo scrittore ragazzino e alla rivista che l’aveva lanciato.

La prima di «Don Giovanni» a Vienna fu un insuccesso. L’imperatore, tramite l’autore del libretto Da Ponte, fece sapere a Mozart che «è opera divina ma non è pane per i denti dei viennesi». «Lasciamo loro il tempo di masticarlo», rispose Amadeus.

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Philip Roth, scomparso nel 2018 a 85 anni, con l’ex moglie Claire Bloom. A destra, Lisa Halliday, oggi 44 anni, allieva prediletta
(Ian Cook/ Getty Images) Ex Philip Roth, scomparso nel 2018 a 85 anni, con l’ex moglie Claire Bloom. A destra, Lisa Halliday, oggi 44 anni, allieva prediletta
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