Jean Pierre, fuggito dall’odio in Nicaragua «Ora l’Italia è casa mia mi credevo al sicuro»
Già vittima di violenza di genere, è rifugiato
Pensava di essere finalmente al sicuro. Di essere libero di prendere per mano il ragazzo con il quale avrebbe voluto cominciare una storia. Di potersi scambiare baci e tenerezze in pubblico. Come qualsiasi coppia. Uno spiraglio di luce dopo essere dovuto fuggire dal suo Paese — il Nicaragua — perché vittima di discriminazioni e minacce. Ha scoperto che non è così nemmeno a Roma. Jean Pierre Moreno ha 24 anni e adesso abita all’Aurelio. In Italia è un rifugiato, oltre che un attivista del movimento omosessuale. A Managua viene considerato un simbolo della lotta all’intolleranza e alla violenza di genere. Stamattina tornerà negli uffici del commissariato vicino a casa per consegnare alla polizia il video-choc diventato virale da sabato — dopo essere stato pubblicato sul sito di GayNet Italia — dell’aggressione subìta la sera del 26 febbraio scorso nella stazione della metropolitana di Valle Aurelia, mentre tornava a casa con due amici, Alfredo Zenobio, di 28, e un altro giovane: è stato quest’ultimo a girare con lo smartphone quelle immagini, le uniche di quanto accaduto poco meno di un mese fa, «perché i filmati della videosorveglianza della stazione — spiega l’avvocato Valentina Ciaramella, della Rete Lenford in difesa dei diritti Lgbt, che assiste entrambi — sono stati sovrascritti sette giorni dopo».
«Non stavamo facendo niente di male — racconta Jean Pierre — tornavamo a casa dopo essere stati un po’ in giro. Io e Alfredo ci siamo scambiati un bacio sulla banchina e dall’altra parte quell’uomo ha cominciato a insultarci. “Vergognatevi! Dovete vergognarvi!”, ci ha gridato. Poi, senza darci nemmeno la possibilità di rispondere, è corso verso di noi passando sui binari. Il resto è quello che avete visto nel video: ci ha preso a calci e pugni, noi ci siamo difesi. Alla fine è tornato indietro ed è salito sul primo treno in direzione opposta alla nostra. Pensavo di poter vivere tranquillo a Roma, dove ho anche trovato un lavoro, ma anche qui possono accadere cose del genere».
La mattina successiva Jean Pierre e Alfredo sono andati al pronto soccorso: prognosi lievi (5 e 3 giorni), come scritto sul referto allegato alla prima denuncia presentata lo stesso giorno al commissariato Aurelio. «Il poliziotto che ha redatto il verbale però ha capito che l’aggressione era scattata perché erano abbracciati. Forse c’ è stata un’ incomprensione, comunque il 3 marzo sono tornati in ufficio per un’integrazione della denuncia dove si parlava del bacio come movente dell’aggressione, che a noi per la verità sembrava già chiaro dall’inizio», sottolinea l’avvocato Ciaramella. A oggi dell’aggressore non c’è traccia. Ora con il video trovarlo sarà più facile. «Quello che ci è successo è inaccettabile — conclude Alfredo — picchiati solo perché stavamo insieme. La politica deve migliorare la legge sull’ omo trans fobia, serve anche prevenzione nelle scuole, perché altrimenti l’odio non si ferma».