Attacco all’impero Mercedes Il piano di battaglia della F1
Al via il Mondiale più lungo: Red Bull favorita, guai per Hamilton. Ferrari insegue
I dubbi del baronetto Hamilton, le ambizioni della Red Bull, i «non so» della Ferrari amaranto: chissà se oltre al bel vestito ha un fisico scattante. Il nome Schumacher che torna, comunque un’emozione, al di là di che cosa possa fare il figlio di Michael con una macchina da ultime file. La mischia per la zona podio, ressa, a giudicare dalle pur vaghe indicazioni dei test: il verde british dell’Aston Martin, spento; l’arancio papaya della McLaren, la più in palla. Il blu pallido dell’Alpine, che già teme l‘impazienza di Fernando Alonso.
La stagione della transizione (nel 2022 cambiano le regole in modo netto) ha già ottenuto un risultato: la vigilia del Bahrein, circuito «vero» dal quale si capirà già molto, è carica di attesa. Di incertezza, di speranze su un Mondiale aperto. Ne avrebbero bisogno i tifosi e il nuovo numero uno al volante, Stefano Domenicali. Sette anni di monopolio Mercedes: quando c’era Niki Lauda, da presidente onorario della scuderia stellata aveva un compito fondamentale durante, ma soprattutto dopo i collaudi. Spostare l’attenzione, caricare di pressione gli avversari. A volte erano i rossi, altre i blu: «Si nascondono, non è la loro vera forza». Poi dominava l’argento.
La trama si è ribaltata: ora è la Red Bull campione d’inverno a interrogarsi sui presunti bluff della Mercedes. Che poi «finte» non sono, perché puoi coprirti in tanti modi nei test ma se giri così poco (ultimo posto per km percorsi) le grane ci sono. A Brackley, nel quartiere generale, stanno spingendo su simulatori e comparazioni per mettere le pezze alla W12, fragile e dal comportamento imprevedibile. Le cause sarebbero nel divieto del volante magico «Das» (usato solo nel 2020), e nelle modifiche aerodinamiche alla zona posteriore introdotte per regolamento. Toto Wolff e il direttore tecnico James Allison hanno detto spesso che «sono state fatte apposta per metterci i bastoni fra le ruote». In passato altri tentativi di livellare le forze attraverso modifiche tecniche in corsa (il bando del «party mode», la mappatura da qualifica) hanno fatto il solletico alla Mercedes; e ci sono state stagioni, quando la Ferrari era la Ferrari, iniziate in affanno. Nel 2017 Sebastian Vettel era leader del Mondiale fino ad agosto, a Spa. Poi la «Diva», Hamilton aveva ribattezzato così quella monoposto perché «capricciosa», si prese l’Oscar. Nel campionato successivo, per piegare il Cavallino,
Pochi chilometri
La scuderia campione ha girato pochissimo nei test: ma nessuno crede a una crisi seria
servirono sviluppi extra, fra i quali i discussi cerchi forati. Capacità di risolvere e abitudine a vincere, fra gli inseguitori nessuno crede a una crisi seria della Mercedes.
Sì, la crescita della Red Bull è evidente: la Honda come regalo d’addio (lascia la F1 a fine anno) ha consegnato a Verstappen un motore vitaminizzato, e il telaio era già ottimo. Infine c’è Sergio Perez, uomo d’esperienza per un modulo a due punte,finalmente. E anche dalla galassia minore AlphaTauri (la monoposto è una mini-Red Bull) giungono segnali positivi, da tenere d’occhio il debuttante Yuki Tsunoda.
Positivi quanto? Siamo alle solite, appunto. O forse no, a seguire alcuni frammenti d’instabilità nell’universo Mercedes: Sir Hamilton, sette titoli come Schumacher, l’ottavo nel mirino, eppure con un contratto in scadenza. In un team in riassetto (l’entrata di Ineos), forse a fine ciclo, l’ombra di un tetto anche sugli stipendi dei piloti. Tira aria da «Last Dance». Domenica nel deserto, senza nascondigli, inizia la traversata.