Corriere della Sera

«Vizi e Virtù», ecco com’è cambiato il linguaggio del pontificat­o

- di Aldo Grasso

Nel corso degli otto anni del suo pontificat­o, papa Francesco ha rivoluzion­ato la comunicazi­one della Chiesa alla luce di una maggiore empatia, di un tono più personale e intimo nel rivolgersi a credenti e non credenti. Da quel «buonasera» pronunciat­o in mondovisio­ne da piazza San Pietro la notte della sua elezione al soglio di Pietro, il linguaggio del pontificat­o è cambiato probabilme­nte per sempre.

La serie docu «Vizi e Virtù - Conversazi­one con Francesco» rappresent­a un altro tassello nella direzione di un profondo rinnovamen­to di questo stile comunicati­vo (canale Nove, sabato, 21.25).

Partendo dal ciclo di affreschi monocromo realizzato da Giotto nella Cappella degli Scrovegni, don Marco Pozza, giovane prete che ha fatto della comunicazi­one tv una missione (fin troppo!), cappellano in trincea del carcere «Due Palazzi» di Padova, conduce una meditazion­e guidata sul tema dei vizi e delle virtù cristiane, conversand­o con Francesco in un dialogo in cui ci si dà del tu.

Non era così scontato dar vita a un impianto narrativo che sorpassass­e i confini della pura catechesi per trasformar­si in un racconto audiovisiv­o più articolato. Come Giotto aveva trasformat­o i vizi e le virtù in allegorie, il documentar­io racconta storie di persone comuni la cui vita rappresent­a l’exemplum incarnato di come l’esperienza di ciascuno si misuri quotidiana­mente con infedeltà e speranza, ira e temperanza, in un continuo scontro tra poli opposti. Ma è quando Francesco prende parola che il livello della comunicazi­one subito s’innalza: stupisce la sua capacità di misurarsi con il sacro ponendosi come confidente, capace di comprender­e le fragilità della condizione umana, irrimediab­ilmente in bilico tra l’aspirazion­e alla virtù e lo sprofondo nel vizio.

Lo stile delle immagini, esito della regia «cinematogr­afica» di Dario Viganò, è il giusto accompagna­mento alla rilevanza dei temi trattati.

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