Negramaro: voglia di band Vince lo stare insieme
«Il gruppo ha resistito alle intemperie degli anni Duemila»
Il «Corriere» e Radio Italia lanciano gli appuntamenti dedicati ai protagonisti della musica di casa nostra
Ventiquattro ore dedicate ai Negramaro, alla loro musica e alla loro storia. È il Negramaro day: il racconto della loro storia attraverso le loro parole e la loro musica, la prima di una serie di giornate dedicate ai protagonisti della canzone realizzata dal Corriere della Sera con Radio Italia. «Un’iniziativa così ti permette di ripercorrere le tappe della band. Qualcuno ci ha fatto notare che sono passati 18 anni... e non ce ne eravamo accorti...», commentano Giuliano Sangiorgi e Andrea «Andro» Mariano, in un’intervista la cui versione integrale è su Corriere.it.
Siete maggiorenni. Chi guida?
Andro: «A turno, ma a Giuliano non facevamo mai guidare il furgone. Lui è molto fisico e, forse oggi non più, ma a 20-25 anni, al volante si girava e parlava. Era sconsigliato affidarsi a lui, era poco concentrato».
L’Italia non è un Paese per band, i gruppi sono una piccola parte del grande racconto della canzone italiana. Vi sentite un’eccezione?
Giuliano: «Siamo nati in un periodo in cui le band avevano molto da dire. C’erano Negrita, Subsonica, Afterhours... l’idea di band era più vicina, era un concetto degli anni 90 che resisteva alle intemperie dei Duemila e che con noi è andato oltre. Le band hanno ancora molto da dire. Siamo felici che a Sanremo abbiano vinto i Måneskin, una band di ventenni. È un simbolo pazzesco in un periodo in cui stanno tutti in cameretta a fare musica per lo streaming e non per il live. Noi abbiamo dato attenzione non solo al sound, ma soprattutto alla canzone che è quello che deve emozionare».
Il valore aggiunto di essere un gruppo?
Giuliano: «Avremmo dovuto fare un tour negli stadi ma non si può... Il 7 ottobre ripartiremo con i palazzetti, con la convinzione che tutto riparta. È importante dare un segnale di collettività anche nella musica. Oggi è tutto i-Life, io io io... ma io senza di loro non avrei nemmeno cominciato».
Lei aveva una band prima ancora dei Negramaro. Suonavate in cameretta...
Giuliano: «Avevo 8-9 anni e facevo finta di suonare “Rattle and Hum” degli U2 con una racchetta da tennis al posto della chitarra. Mi ero disegnato alle spalle le sagome di The Edge, Larry Mullen jr e Adam Clayon... nella mia testa ovviamente Bono ero io».
Andro prima del gruppo?
Andro: «Studiavo pianoforte e un giorno invitai gli amichetti per un concerto. Feci anche i biglietti e li feci pagare 200 lire. Ero felice per il sold out, ma quando mio padre lo scoprì mi obbligo giustamente a restituire i soldi».
Giuliano: «Questa cosa del restituire i soldi ha unito i nostri genitori... A 14 anni suonavo la chitarra negli Shangri là e per una serata a Copertino, il mio paese, prendemmo 80 mila lire, 20 mila a testa. Papà me li fece riportare perché pensava che avrei perso la testa e il guadagno mi avrebbe allontanato dagli studi».
Dai localacci ai club, ai palazzetti, quindi gli stadi e adesso che tutto è fermo i live in streaming, come quello disponibile fino al 26 su Live Now...
Andro: «È il segno della capacità di adeguarsi alle evoluzioni della vita. Abbiamo iniziato un percorso con la presentazione del disco creando un contatto virtuale con i fan. Questo di Roma è un concerto ancora più strutturato, una produzione da palazzetto o stadio. Ma non può essere la soluzione definitiva, si tornerà ai live».
Il concerto si apre con «Noi resteremo in piedi» in cui Giuliano si chiede se è uomo o cantante. Dilemma esistenziale?
Giuliano: «È una figura mitologica... sono un uomo che ha la fortuna di essere cantante. L’ho capito dopo 20 anni di scrittura e ho deciso di non rispondere più ai commenti da bar che vengono fatti dai leoni da tastiera sui social quando in una canzone parli di temi come Black Lives Matter o persone che migrano. Non bisognerebbe dare spazio, e lo
Da piccolo imbracciavo una racchetta da tennis e facevo finta che era una chitarra Mi ero disegnato alle spalle le sagome dei componenti degli U2 e nella mia testa Bono ero io Sangiorgi
dico anche a radio e giornali, alla commentocrazia. Si dice che il “web che insorge” per un commento che in altri tempi sarebbe rimasto confinato al chiacchiericcio da bar. Da un lato “Contatto” è il nostro disco della maturità, dall’altro dell’immaturità infantile perché dico quello che penso».
Come sta la musica italiana di oggi?
Giuliano: «Con indie e trap c’è una riscoperta dell’italianità: lo vedo in una certa spigolosità dei testi o nelle tante parole del rap. Non mi piace però l’iperattualismo. Molti googlano la parola del giorno, scrivono un testo e pubblicano il brano il giorno dopo. Battisti e Dalla li canti anche dopo 50 anni. Noi non abbiamo fatto “Tra nuvole e lenzuola e Myspace”... Si deve trovare la maniera per essere attuali coniugando le proprie canzoni all’infinito».