Il boomerang di Morra
Ammettiamo, fino a prova contraria, che il senatore Morra sia vittima di uno scandalo di panna montata. Ammettiamo cioè che il presidente dell’Antimafia non si sia avventato verbalmente contro un direttore sanitario di Cosenza, sventolando con fare minaccioso i suoi titoli e la sua scorta, e che comunque non lo abbia fatto per perorare la vaccinazione degli anziani zii di sua moglie, come sostiene l’aggredito, ma per tutelare il diritto a essere vaccinati di tutti gli ultraottuagenari del collegio che lo ha eletto in Parlamento. Però Morra dovrà convenire che quella panna — il sospetto come anticamera della verità — è stata fomentata per anni dalla cultura a cui egli appartiene. Si tratta di una visione maramaldesca del mondo che preesiste ai Cinquestelle (basti ricordare chi insinuava maldicenze su Falcone), ma che il movimento di cui Morra ha fatto parte fino a poche settimane fa ha preteso di elevare a modello di lotta politica e quasi a stile di vita.
Gli scandali esistono, ma vederli ovunque e ancora prima che vengano accertati, al solo scopo di abbattere l’avversario, equivale a non distinguere più quelli falsi dai veri. Facendo passare il principio pericolosissimo che per chiunque sia investito di un ruolo potenzialmente privilegiato debba sussistere un pregiudizio di colpevolezza. Morra si è ripreso in fronte un boomerang che aveva contribuito a lanciare e chi oggi gli chiede di dimettersi sta ponendo le condizioni per fare, un giorno, la sua stessa fine.