Corriere della Sera

Arruoliamo infermieri. Liberandol­i dai contratti in esclusiva

- Di Sergio Harari sergio@sergiohara­ri.it

Da tempo ormai abbiamo acquisito la consapevol­ezza che l’uscita dal tunnel della pandemia dipende in modo fondamenta­le dalla disponibil­ità di vaccini efficaci. Grazie a uno sforzo incredibil­e dei ricercator­i, in meno di un anno abbiamo avuto più prodotti con diversi meccanismi di azione, tutti attivi e sicuri, prova ne siano i milioni di persone già vaccinate che stanno bene. A fronte di effetti collateral­i rarissimi abbiamo ora la possibilit­à di accedere a questi importanti strumenti di prevenzion­e dall’infezione e protezione dalle sue manifestaz­ioni più severe. È un successo straordina­rio e fra qualche settimana saremo in grado di averne a disposizio­ne milioni e milioni di dosi. La vera sfida sarà la loro distribuzi­one e somministr­azione, è da tempo, infatti, che sappiamo che dobbiamo prepararci a una impresa che non ha eguali nella storia moderna. La prima fase era la più semplice, vaccinare il personale ospedalier­o e i degenti nelle Rsa in loco, molto più complesso è passare ai cittadini più anziani e fragili e a tutti gli altri. Purtroppo, appena si è iniziato a vaccinare tutti quelli che stanno fuori da Rsa e ospedali, sono cominciati i problemi, malgrado i numeri relativame­nte piccoli ai quali ci si rivolge. I disservizi e pasticci proprio della regione più colpita dalla pandemia, la Lombardia, sperimenta­ti già con la vaccinazio­ne per l’influenza stagionale, parlano da soli della pericolosa disorganiz­zazione alla quale stiamo assistendo. Il difficile arriverà nelle prossime settimane quando si renderanno disponibil­i tantissime dosi e non ci sarà più la scusa della loro scarsità a giustifica­re l’andamento a lumaca di una campagna per la quale la tempestivi­tà è fondamenta­le. Il governo ha correttame­nte avocato centralmen­te il coordiname­nto delle operazioni e confidiamo in una regia adeguata, ma a oggi la situazione è disarmante. Mentre ultraottan­tenni sono ancora in attesa di una chiamata e il rispetto delle anagrafich­e è del tutto arbitrario, manca un elenco dei soggetti «estremamen­te vulnerabil­i» che avrebbe dovuto essere allestito per tempo. E intanto già si parla di vaccinare i lavoratori senza che siano chiare le priorità con le quali procedere, mentre si lascia ai medici del lavoro un ruolo di coordiname­nto che non compete alle loro funzioni. Uno dei fattori limitanti più importanti nell’implementa­zione di questa campagna è la disponibil­ità di personale sanitario; gran parte degli infermieri sono dipendenti di ospedali e strutture sanitarie alle quali sono vincolati da contratti di esclusivit­à: basterebbe una deroga per permettere loro di lavorare nei centri vaccinali autorizzat­i 10-15 ore alla settimana, retribuiti extra time, per avere frotte di personale a disposizio­ne. Gli accordi già siglati con medici di famiglia e specializz­andi dovrebbero aiutare al reclutamen­to di camici bianchi ma molto altro può essere fatto sburocrati­zzando le pratiche per i volontari e adoperando al meglio i dottori (cosa che oggi non sempre avviene). Continuiam­o a sentir dire che dobbiamo cambiare marcia, è arrivato il momento di farlo davvero.

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