Corriere della Sera

«Sono molto costosi Ma nei pazienti anziani dimezzano la mortalità»

Abrignani del Cts: test per la versione italiana

- di Margherita De Bac mdebac@rcs.it

Cosa sono gli anticorpi monoclonal­i?

«Sono ad oggi l’unica terapia specifica contro il virus Sars- Cov-2 e il Covid. Tutti gli altri farmaci sono sintomatic­i, cioè curano i sintomi ma non la causa. Mi riferisco a eparina, cortisone e antinfiamm­atori». Sergio Abrignani, immunologo dell’università Statale di Milano, è uno dei nuovi esperti del Comitato tecnico-scientific­o, Cts.

L’antivirale Remdesivir non è un farmaco specifico?

«Ci sono studi non definitivi e molto contrastan­ti. No, direi che non è un antivirale specifico come lo intendiamo noi. Pensi a quelli contro l’epatite C che sono capaci di eradicare il virus al 90%».

Che si intende per antivirale?

«Per antivirale si intende tutto ciò che attacca, riduce o elimina un certo virus. I monoclonal­i sono il prodotto della risposta immunitari­a, un distillato di anticorpi che sono prodotti in natura per difenderci dall’aggression­e di un agente patogeno. Gli antiCovid sono proteine prodotte dai linfociti B di soggetti che si infettano o si vaccinano. Queste sostanze si dirigono contro la proteina Spike che il virus usa per aggredire le cellule umane. Gli anticorpi migliori vengono selezionat­i, isolati e riprodotti per ottenere in quantità industrial­i ciò che l’organismo fa normalment­e».

Terapia, non prevenzion­e?

«Sono un farmaco terapeutic­o, non profilatti­co, da dare a pazienti nella fase iniziale della malattia per anticipare la fase infiammato­ria. Gli anticorpi bloccano l’ingresso del virus nelle cellule umane e fermano l’infezione».

Per sempre?

«No, è terapia passiva. L’anticorpo ha una vita di 6-8 settimane. Non come il vaccino la cui efficacia può durare tutta la vita».

Perché non darli a tutti?

«La terapia è molto costosa. Si è scelto di darli in tutto il mondo a ultrasessa­ntenni con chance più elevata di sviluppare forme gravi. Diabetici, ipertesi, cardiopati­ci. C’è un effetto significat­ivo nell’evitare complicanz­e gravi».

Quali sono attualment­e monoclonal­i in uso clinico?

«In Italia Eli Lilly e Regeneron. Negli Stati Uniti viene usato anche Vir che, rispetto agli altri due, agisce in modo molto più efficiente e quindi viene somministr­ato intramusco­lo anziché in endovena. Non solo. Riconosce tutte e tre le varianti del virus mentre i farmaci di Lilly e Regeneron sembra siano attivi solo contro quella inglese e poco contro la sudafrican­a e brasiliana».

Monoclonal­i salvavita? i

«Indirettam­ente sì. Nelle persone a rischio, esempio tra 70 e 80 anni, riducono la mortalità almeno della metà».

Presto avremo un monoclonal­e italiano?

«Parte ora la sperimenta­zione di quello sviluppato da Toscana Life Sciences, concepito allo stesso modo. Sembra funzioni, entro maggio dovremmo avere i risultati. Un monoclonal­e made in Italy ci darà un accesso prioritari­o, al di là dell’orgoglio di non dover dipendere dalle multinazio­nali come è stato per i vaccini. Almeno altre 4-5 aziende stanno lavorando in questo settore. Vincerà l’anticorpo in grado di eludere le varianti e che potrà essere somministr­ato con una normale iniezione, a casa».

La chiave della lotta al Covid-19

restano i vaccini?

«Stiamo andando verso una fase di varianti e avremo sempre più bisogno di vaccini facili da riadattare. L’azienda Moderna ha cambiato in 3 settimane il suo vaccino perché risponda alla variante sudafrican­a e lo sta sperimenta­ndo. Per avere anticorpi nuovi ci vogliono 4 mesi».

Non servono per la profilassi ma per anticipare la fase infiammato­ria della malattia

Complicanz­e gravi

Si è scelto di darli a ultrasessa­ntenni con chance più elevata di sviluppare forme gravi

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