Accelerazione di Letta, che vede Draghi E sulle donne capogruppo non arretra
Resistenze di Base riformista su Marcucci. Ma alla fine Guerini sceglierà tra Malpezzi e Bini
Lo avrebbe visto comunque: Enrico Letta gli ha chiesto un incontro ed era ovvio che Mario Draghi gli dicesse di sì. Gli premeva capire quale partita intenda giocare il Pd, e quanto il suo segretario intenda stressare il rapporto con la Lega.
Il premier sa che il neo segretario ha da giocarsi una partita interna e che le elezioni amministrative sono alle porte, ma a lui preme l’urgenza del Paese, ossia la campagna vaccinale e la ripresa economica. «Ci sono difficoltà ma anche grandi opportunità», è stato il ragionamento di Draghi. Come a dire: che i partiti non frenino la possibile ripartenza. E Letta si è detto d’accordo con il premier. Al quale interessava anche capire, benché ovviamente non sia stato così esplicito nell’incontro, se effettivamente il neo segretario governi il Partito democratico meglio del suo predecessore. E Letta si è presentato a quell’appuntamento con una prova di forza: ha chiesto e di fatto ottenuto la testa dei due capigruppo parlamentari.
Divide et impera è il motto del nuovo leader del Pd, che non ha una sua corrente e che deve giostrarsi tra quelle altrui. E finora lo sta facendo molto bene. La richiesta di due donne ai vertici dei gruppi parlamentari ha spiazzato tutti. Oggi, i deputati prima e i senatori poi si riuniranno. Come si fa a dire di no a questa richiesta? Impossibile. Una donna, dunque, purchessia. E così facendo Letta ha rotto gli equilibri correntizi consolidati nei gruppi. Divide et impera, appunto. «Votare non è un dramma», è stato il suo messaggio a chi gli faceva presente la difficoltà delle pattuglie parlamentari dem.
Al Senato poco più di metà del gruppo, ieri, si è espresso ancora per Andrea Marcucci. Ma dovrà essere una donna. Sarà quindi Simona Malpezzi a guidare i senatori dem? Dovrebbe dimettersi da sottosegretaria, ma non sarebbe un problema. Si fanno anche altri nomi a Palazzo Madama, dove Base riformista ha la maggioranza. Sarà Lorenzo Guerini, il leader di quella corrente, a scegliere. Tra Malpezzi, appunto, o Caterina Bini.
Al Senato Base riformista ha 22 senatori su 35 e forzare troppo sarebbe complicato. Ma anche lì vale il divide et impera: Guerini dovrà dire addio a Marcucci. E Base riformista è in fermento. Alla Camera i giochi sono, si fa per dire, più semplici. Lì Graziano Delrio si è buttato a capofitto alla ricerca di una soluzione che vada bene alla maggior parte del gruppo: «Io lavoro per l’unità, è solo questo il mio obiettivo», ha spiegato ai deputati dem.
E se fosse per lui la sua sostituta sarebbe senz’altro Debora Serracchiani. Vicepresidente del Pd nella gestione Zingaretti, dem assolutamente autonoma rispetto ai giochi delle correnti. Unico problema, presiede la commissione Lavoro di Montecitorio: se facesse la capogruppo dovrebbe dimettersi e, vista la nuova composizione della maggioranza, non è affatto detto che la guida di quell’organismo parlamentare andrebbe di nuovo a un dem, tanto più che il Partito democratico ha già il ministero del Lavoro con Andrea Orlando. Perciò nelle ultime ore salgono le azioni di Marianna Madia, indipendente, non legata a nessuna corrente, molto stimata da Letta.
Ma non dovrebbe essere oggi il giorno in cui i dem decideranno i loro capigruppo: ci vorrà qualche giorno per decidere, anche se dal Senato fanno sapere che sono pronti a votare. Ma sono giochi tattici, una guerra di posizione nella contesa in corso nel Pd. Nel frattempo aree, componenti e correnti si dividono. E alcune rischiano di scoppiare. Già, divide et impera: è l’unico modo che Letta ha per sopravvivere in questa Beirut, come spesso è stato definito il Partito democratico. Del resto anche questa sua decisione di mettere l’orlandiano Giuseppe Provenzano come vicesegretario insieme a Irene Tinagli — che, al contrario è libera da qualsiasi etichettatura — va in questo senso. Provenzano potrebbe contendere la guida della sinistra interna proprio al suo leader Andrea Orlando. Divide et impera appunto.
Alla Camera
Delrio alla ricerca di una soluzione
Al suo posto vedrebbe bene Serracchiani