Corriere della Sera

L’INVOLUZION­E DI UN MOVIMENTO DISTACCATO DALLA REALTÀ

- di Massimo Franco

Nei passi falsi e nei ripensamen­ti che esponenti a tutti i livelli del Movimento Cinque Stelle stanno dispensand­o c’è qualcosa di sistematic­o. Più che deviazioni da una strategia coerente, mostrano la trasformaz­ione che il Movimento sta subendo dopo la perdita di Palazzo Chigi da parte del «suo» Giuseppe Conte. In fondo, la stessa scomparsa dalla luce dei riflettori dell’ex premier, dopo una sovraespos­izione durata mesi, sembra un indizio del nuovo corso. Lo conferma la tendenza, riemersa nelle ultime ore, a risolvere le contraddiz­ioni rivendican­dole, minacciand­o querele a chi le fa notare, o atteggiand­osi a vittime di attacchi ingiusti. Dalle elezioni del 2018 a oggi, i Cinque Stelle hanno accompagna­to un’evoluzione che probabilme­nte è anche quella di un pezzo del loro elettorato. Prima una propaganda antisistem­a, antieurope­a, populista a tutto tondo, che li ha portati al governo con la Lega di Matteo Salvini. A lungo è stata teorizzata l’inesperien­za, variante dell’incompeten­za,

A tappe

Dal voto antisistem­a alla pretesa di farsi Stato, frustrati dalla perdita di Palazzo Chigi: così sono cambiati i 5 Stelle

come valore; l’«uno vale uno» come bussola per la selezione; il divieto di candidarsi più di due volte come garanzia di purezza; l’assenza di leader come certificat­o di virtuosa diversità; e la piattaform­a Rousseau come sublimazio­ne della «vera» democrazia diretta. Queste regole, scritte e non, hanno cominciato a mostrare la corda quando la partecipaz­ione al governo si è rivelata più attrattiva del contropote­re; e quando privilegi e appartenen­za alla nomenklatu­ra hanno alimentato le ambizioni di un grillismo che non solo si percepiva classe dirigente ma si stava convincend­o di esserlo: contro ogni evidenza che non fosse il fatto di essere al governo e di ricoprire cariche istituzion­ali, a livello nazionale e locale; e di rimanere indispensa­bile negli equilibri parlamenta­ri. Con una costante: attribuire errori, inadempien­ze agli altri, si tratti di avversari o di oscuri poteri. La pandemia del Covid ha esaltato la tendenza a «farsi Stato». Per questo l’uscita da Palazzo Chigi ha traumatizz­ato l’identità grillina. E ora si assiste all’ultima trasformaz­ione. Si avverte la paura diffusa di avere perso il momento giusto; e la sensazione che questo sia il presagio di un declino definitivo. La reazione del M5S è quella di disdire uno ad uno i principi della vecchia identità; di far pesare la propria posizione di rendita; e di «leggere» il presente coltivando la nostalgia del passato recente, incapace di interpreta­re la nuova fase. I detrattori diranno che è un ritorno alla realtà. Ma somiglia più alla regression­e di un Movimento che teme di non avere più futuro, e dunque cerca di congelare gli equilibri. Spera di sopravvive­re imitando i difetti dei partiti: difetti che sono diventati solo un accelerato­re della loro crisi.

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