«Processo Eni-Nigeria, enorme spreco di risorse» Milano, la pg sconfessa i pm
«Condanne da annullare e calunnia per Armanna»
«Questo processo EniNigeria è stato un enorme spreco di risorse». La Procura Generale di Milano, cioè l’organo che rappresenta l’accusa nei processi d’Appello, ha chiesto non la conferma della condanna proposta e ottenuta in primo grado nel settembre 2018 dalla Procura di Milano a quattro anni e 140 milioni di euro di confisca, ma l’assoluzione piena («perché il fatto non sussiste») del nigeriano Emeka Obi e dell’italiano Gianluca Di Nardo: cioè del tandem che la giudice dell’udienza preliminare Giusi Barbara condannò (quali mediatori dell’ipotizzata tangente di Eni e Shell a politici della Nigeria nel 2011 in relazione alla concessione petrolifera Opl 245) per quello stesso reato di «corruzione internazionale» che mercoledì scorso la VII sezione del Tribunale di Milano ha invece escluso con l’assoluzione in rito ordinario di tutti i 15 coimputati di Obi e Di Nardo, compresi le società Shell ed Eni e i rispettivi vertici a cominciare per Eni dall’amministratore delegato Claudio Descalzi e dal suo predecessore Paolo Scaroni.
Non solo: al termine della propria requisitoria, non anticipata ai colleghi di primo grado, ma discussa alla vigilia con la neodirigente (e prima donna al vertice) della Procura Generale milanese, Francesca Nanni, il sostituto procuratore generale Celestina Gravina — oltre ad additare appunto a suo avviso l’«enorme spreco di risorse» — ha qualificato «avvelenatore di pozzi» Vincenzo Armanna, l’ex dirigente Eni metà coimputato (anch’egli assolto una settimana fa) e metà autore di dichiarazioni accusatorie assai valorizzate dai pm soprattutto verso Eni e Descalzi: e ha chiesto ai giudici d’Appello che in sentenza trasmettano ai pm gli atti affinché si proceda nei confronti di Armanna per l’ipotesi di reato di calunnia ai danni di quanti abbia chiamato in causa.
Visibilmente sorpresi dall’essere persino quasi scavalcati nella demolizione della sentenza di condanna di primo grado, frutto secondo la pg di «un travisamento dei fatti» dovuto a «errata lettura degli atti», i difensori Giuseppe Iannaccone e Roberto Pisano terranno le proprie arringhe il 13 aprile, poi le giudici d’Appello Polizzi-ScaliseNunnari fisseranno un’ulteriore udienza per la sentenza.
Qui il rito abbreviato può utilizzare prove che invece nel rito ordinario in Tribunale non erano entrate per sbarramenti procedurali, quali le intercettazioni napoletane tra Scaroni e il lobbista Luigi Bisignani nel 2010, e le dichiarazioni di Obi in udienza preliminare. I giudici d’Appello non hanno acquisito le 300 pagine (pur proposte dalla pg Gravina) della memoria conclusiva d’accusa depositata in Tribunale dai pm De Pasquale e Spadaro, mentre hanno acquisito le deposizioni in Tribunale con le quali il coimputato Ednan Agaev e il teste Richard Granier Deferre avevano ridimensionato le proprie pregresse dichiarazioni coltivate dai pm.