Jebreal, la madre e lo stupro «Ho vissuto con il suo dolore Devo tanto al mio papà»
Un anno fa, al Festival di Sanremo, Rula Jebreal recitava un monologo contro la violenza sulle donne che commuoveva gli italiani. Ora, riprende il discorso in un libro che è un manifesto contro tutte le disuguaglianze, discriminazioni e violenze. Lei, per anni, ha provato paura e vergogna: «Mi sono sentita contaminata dalla violenza che aveva umiliato e poi ucciso mia madre, stuprata da piccola dal patrigno. Quando nacqui, mamma era terrorizzata. Disse “è femmina, ho messo al mondo un’altra vittima”. La sua era una ferita che ha la capacità di trascendere le generazioni». Il cambiamento che meritiamo, appena uscito per Longanesi, muove da quella esperienza autobiografica per poi portare dati, statistiche e ragioni alla lotta per la parità di genere. Lotta nella quale Rula vede una svolta: «La novità è che il movimento femminista è diventato intersezionale: le donne si sono unite creando un ponte con tutti i marginalizzati, i neri afroamericani, i gruppi Lgbt, i movimenti giovanili ambientalisti… E l’obiettivo comune è costruire un cambiamento profondo».
Giornalista, esperta di politica estera per Cnn ed Msnbc, docente all’Università di Miami, Rula è nata in Israele e si è laureata in Italia, dove nel ’93 vinse una borsa di studio. Il cambiamento che agogna è quanto mai urgente: «In pandemia, la violenza sulle donne è aumentata dal 25 al 40 per cento e l’Onu ha rilevato c’è una “pandemia ombra” di cui le donne sono le uniche vittime e i cui effetti possono spazzare via 25 anni di conquiste sociali ed economiche nell’uguaglianza di genere. Però, se davanti alle nostre vite minacciate ci siamo uniti realizzando il miracolo del vaccino, sulle donne, c’è stata indifferenza totale».
La storia di Nadia, la mamma di Rula, è la storia di milioni di donne. «Mentre parliamo, da qualche parte, ce n’è sicuramente una brutalizzata, stuprata o vessata». Nadia si dà fuoco il giorno in cui, per caso, incontra l’uomo che fu il suo carnefice: «Come tutte le donne stuprate, era distrutta, con gravi problemi psicologici. Io, in anni di giornalismo e attivismo, ho incontrato tante donne abusate e tutte dicono: sono viva, respiro, ma dentro, sono morta. La mia mamma è stata stuprata due volte: dal mostro e dalla società che le ha negato la giustizia. Quando trovò il coraggio di confessare cosa subiva, sua madre si tenne il marito e allontanò lei di casa. Anni dopo, incontrando il suo stupratore, l’ha guardato e deve aver pensato che aveva vinto lui e che, per la società, lui valeva più di lei». Rula aveva cinque anni: «Sono traumi che colpiscono non solo la donna, ma tutta la sua famiglia. Tutta la mia sensibilità è legata a quella violenza di origine. Mi sono salvata solo perché ho avuto un padre femminista: un uomo che non aveva studiato, ma che ha sempre creduto che l’arma più importante fosse l’istruzione. Perciò, quando mamma morì e lui era già malato di leucemia, scelse per me e mia sorella un orfanotrofio gestito da donne straordinarie che ci hanno educate a credere in noi stesse e a fare rete. Vedevamo papà solo nel fine settimana. Ho poi scoperto che, nell’ultimo anno, aveva risparmiato sulle medicine per aiutare me e mia sorella a studiare: ha sacrificato la sua salute in nome della nostra istruzione. Perciò mi sento di parlare a tutti gli uomini perbene: perché esistono e abbiamo bisogno che uniscano a noi».
Rula ha appena moderato il primo incontro preparatorio del G20 che si terrà a Roma in ottobre: «La ministra Elena Bonetti ha messo al centro dell’agenda la parità di genere: la risposta alla crisi economica deve passare dal sostegno alle donne. La pandemia ha aggravato gap salariale, esclusione sociale e violenza, ma la questione femminile non è un danno collaterale: è parte integrante dell’emergenza».