Lo Strega sceglie la dozzina È la stagione dell’autofiction
Annunciata la rosa da cui il 10 giugno uscirà la cinquina finalista: sono sette donne e cinque uomini
Una dozzina spalmata tra grandi e (molti) piccoli e medi editori, con alcuni nomi previsti, molti inattesi e diversi «grandi esclusi», e soprattutto con una maggioranza femminile (sette donne e cinque uomini) e un tema forte, l’autofiction.
Entra nel vivo, con la proclamazione della dozzina avvenuta ieri online, l’edizione 2021 del Premio Strega, la settantacinquesima: «Un compleanno che coincide — ha ricordato ieri Giovanni Solimine, presidente della Fondazione Bellonci che promuove il premio con Liquore Strega e con il contributo della Camera di Commercio di Roma — con quello della Repubblica, in un clima di rinascita che ci anima anche oggi». Ma si tratta di un’edizione particolare anche per il record di candidati («Anche i 62 titoli proposti sono un primato — ha affermato Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci — e un atto di fiducia verso questa istituzione culturale») e soprattutto perché è l’edizione dell’anno della pandemia, elemento che in parte si rispecchia, seppure indirettamente, nei temi e nelle ambientazioni dei dodici libri selezionati.
«Abbiamo notato — ha spiegato Melania G. Mazzucco, presidente del Comitato direttivo del premio (composto da Pietro Abate, Valeria Della Valle, Giuseppe D’Avino, Ernesto Ferrero, Alberto Foschini, Paolo Giordano, Helena Janeczek, Gabriele Pedullà, Stefano Petrocchi, Marino Sinibaldi e Giovanni Solimine) — il ricorrere della distopia e dell’autobiografia, e una generale diffidenza nel romanzo di intreccio e di genere». Al di là del genere letterario e dell’età degli autori scelti («Nella maggioranza sono nati negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta», ha proseguito Mazzucco), la vera dominante della dozzina è il forte elemento bio o autobiografico: «Sono per la maggior parte storie legate al vissuto personale dell’autrice o dell’autore, al suo mondo privato e prossimo e alla geografia locale. In qualche caso questo vissuto incrocia la grande storia, più spesso si tratta invece di microstorie intime». Spicca anche il prevalere della «casa» come luogo dell’azione, conclude la scrittrice: «Dominano le figure delle madri e delle sorelle, mentre i padri sono quasi assenti. Sono storie nelle quali la casa diventa personaggio. Nell’anno del confinamento tra le mura domestiche, è certo una coincidenza non casuale».
La casa, il luogo e il territorio entrano fin nel titolo di molti di questi libri: accade per le stanze e le mura custodi di memorie ne Il libro delle case di Andrea Bajani (Feltrinelli), candidato da Concita De Gregorio; per l’esordio narrativo La casa delle madri del traduttore e saggista Daniele
Petruccioli (TerraRossa) proposto da Elena Stancanelli; per la provincia lacustre di L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito (Bompiani) presentato da Giuseppe Montesano; per i luoghi identitari di Borgo Sud di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi) proposto da Nadia Fusini; o per la periferia romana di L’anno che a Roma fu due volte Natale di Roberto Venturini (Sem) proposto da Maria Pia Ammirati. L’autobiografia è l’elemento di spicco nella testimonianza diretta de Il pane perduto di Edith Bruck (La nave di Teseo) proposto da Furio Colombo; nella lettera alla madre adottiva di Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone (Ponte alle Grazie) candidato da Franco Buffoni; ma è anche dissimulata nella «finta autofiction» (come l’ha definita l’autrice in una recente intervista al «Corriere») di Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti (Mondadori) candidato da Sandro Veronesi; oppure si fa romanzo familiare in Cara pace di Lisa Ginzburg (Ponte alle Grazie) proposto da Nadia Terranova; e diventa storia adolescenziale in Adorazione di Alice Urciuolo (66thand2nd) presentato da Daniele Mencarelli. O ancora costruisce la sperimentazione stilistica de Le ripetizioni di Giulio Mozzi (Marsilio) proposto da Pietro Gibellini; o è racchiusa in vicinanze umane e intellettuali nel saggio biografico-narrativo Due vite di Emanuele Trevi (Neri Pozza) candidato da Francesco Piccolo.
Oltre agli elementi caratteristici già citati dell’edizione, cioè la maggioranza femminile tra i semifinalisti e la presenza di numerosi piccoli e medi editori vicino ai pochi titoli di grandi gruppi, da notare che il record dei 62 candidati di quest’anno ha forse giocato un ruolo nell’esclusione dalla dozzina di nomi attesi: tra gli esclusi molti autori di rango come Paolo Di Stefano con il romanzo autobiografico Noi (Bompiani) candidato da Luca Serianni, Antonella Lattanzi con Questo giorno che incombe (HarperCollins) proposto da Domenico Starnone, Aurelio Picca con Il più grande criminale di Roma è stato amico mio (Bompiani) presentato da Edoardo Nesi, Carmen Pellegrino con La felicità degli altri (La nave di Teseo) candidato da Alessandra Tedesco.
Ora i dodici titoli saranno letti dalla giuria di 660 votanti: oltre agli Amici della domenica, ne fanno parte studiosi ed esperti scelti dagli Istituti italiani di cultura all’estero e lettori forti scelti da librerie indipendenti. I libri semifinalisti concorrono anche al Premio Strega Giovani: tutti, tranne il romanzo di Mozzi, che il Comitato direttivo ha giudicato, spiega un comunicato, adatto «a un pubblico di adulti». I prossimi appuntamenti in calendario saranno il 10 giugno per l’annuncio della cinquina e l’8 luglio per la proclamazione del vincitore.
Unico fra i dodici, il romanzo di Giulio Mozzi non concorrerà al Premio Giovani