Corriere della Sera

«Ho vinto la Coppa America ma soffro di mal di mare»

Burling, il timoniere kiwi che ha battuto Luna Rossa: «Sensazione unica»

- Gaia Piccardi

Nella formazione ideale di qualsiasi tifoso della Nuova Zelanda, l’isola dove la vela (insieme al rugby) è religione, è entrato un giovane uomo di Tauranga, antico insediamen­to maori a SudEst di Auckland, destinato a diventare ingegnere meccanico prima che la Coppa America lo facesse salpare verso altri porti. E così Peter Burling, 30 anni, tanto a casa al timone di Team New Zealand che ha sconfitto Luna Rossa 7-3 nella 36a America’s Cup, quanto a disagio nel rispondere alle domande, ora fa parte di quel gotha della vela kiwi che comprende Peter Blake (vincitore del giro del mondo ‘89-’90 e detentore del trofeo Verne, ucciso dai pirati in Amazzonia il 5 dicembre 2001 a 53 anni), Grant Dalton (ceo del sindacato neozelande­se, cinque giri del mondo alle spalle) e Russell Coutts, l’ex mito («Il più forte in assoluto con cui sia mai andato in barca» dice di lui Max Sirena) di cui Burling sta battendo tutti i record. Più giovane timoniere della storia a conquistar­e la vecchia brocca d’argento (Bermuda 2017) e a difenderla con successo, il timido Peter detto «Pistol» è l’oggetto del desiderio di tutti gli sfidanti della prossima coppa e delle teenager neozelande­si.

La sua prima volta su una barca a vela, Burling?

«Non me lo ricordo! Probabilme­nte sul Laser, con mio papà Richard. Mio fratello maggiore regatava e io volevo imitarlo: è stato con le prime gare, infatti, che la vela ha cominciato a piacermi». Che fine ha fatto Jellytip, il suo primo Optimist di legno?

«Ne ho perse le tracce».

Idoli da bambino? «Il mare e la vela fanno parte della cultura, qui in Nuova Zelanda, come immagino il calcio da voi. Non ho mai ammirato un singolo velista, no. Però volevo assolutame­nte battere Scott, mio fratello».

Ci è riuscito. Vincere la Coppa America era un sogno?

«Non consapevol­e. Se penso alla mia infanzia, cioè, posso dire che a vela mi sono divertito molto. Ma davvero non ho mai immaginato di trovarmi dove sono ora».

Confessi: ha mai sofferto di mal di mare?

«Assolutame­nte sì! Credo che tutti i velisti del mondo, almeno una volta nella vita, ne abbiano sofferto».

La sua dote più spiccata al timone?

«Il mio mestiere è portare la barca veloce e prendere le decisioni giuste al momento giusto. Ma non credo ci sia un’unica qualità che ti porta ad essere un bravo timoniere, è un insieme di cose».

Che differenza c’è tra vincere un oro olimpico (49er a Rio 2016) e l’America’s Cup?

«Dal mio punto di vista nessuna: sono esperienze incredibil­i, che richiedono un lavoro di quattro anni e una dedizione assoluta. Coprono un periodo troppo lungo della vita per poter scegliere. La Coppa America forse è più intensa a livello umano perché il nostro team è composto da oltre 100 persone. Le rappresent­i tutte: non corri solo per te stesso ma per il Paese».

E tra conquistar­e la coppa la prima volta e difenderla?

«In questo caso c’è differenza: a Bermuda eravamo gli outsider contro la corrazzata Oracle; con Luna Rossa eravamo a casa, circondati da un pubblico eccezional­e. Beh sì, vincere qui è stato più emozionant­e».

Cosa ha avuto Luna Rossa meno di voi, a suo giudizio?

«Partendo dal presuppost­o che non cambierei i velisti di Te Rehutai con nessuno, Luna Rossa ha messo in piedi una sfida molto competitiv­a: si

parla sempre dei marinai ma si vince anche con la squadra a terra e il design team».

Gli Ac75 volanti sono le barche più straordina­rie su cui abbia mai regatato?

«A modo loro, tutte le barche su cui ho navigato hanno avuto qualcosa di speciale. È come dover scegliere tra i figli, immagino: impossibil­e».

Non si è fatto mancare neanche il giro del mondo 20172018, Peter.

«Certe tappe sono durate quasi un mese: una maratona, rispetto alle regate sprint della Coppa America!».

Il miglior consiglio che ha mai ricevuto?

«Divertiti e ama quello che fai. Queste campagne di America’s Cup sono molto lunghe: devi goderti il viaggio, altrimenti non ne vale la pena».

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Nella scia del fratello

Ho iniziato con mio papà per battere mio fratello Scott, un Optimist di legno la mia prima barca

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Peter Burling, 30 anni, timoniere di New Zealand, con la coppa
(Getty Images) Felicità Peter Burling, 30 anni, timoniere di New Zealand, con la coppa

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