PREVISIONI SBAGLIATE SUL LAVORO
Èun rovesciamento della narrazione degli ultimi lustri. Questa settimana lo special report dell’Economist ha aperto un largo e controverso dibattito tra gli addetti ai lavori perché contraddice l’opinione corrente innanzitutto in materia di automazione labour saving. Un famosissimo studio dei professori Frey e Osborne del 2013 sosteneva che il 47% dei lavori fosse soggetto a sparire sostituito dalle macchine e invece, sostiene l’Economist, non è successo. La correlazione più robot meno occupazione non è verificata e una quota crescente di jobs richiede la presenza fisica di un operatore (nella cura alle persone, nella sanità e nell’istruzione). E comunque «la gente si arrabbia se paga il caffè e vede che lo prepara una macchina». Uno studio dell’Ubs sull’automazione aggiunge che in Francia, Spagna, Italia e Germania ci sono poche prove dell’interesse delle imprese ad automatizzare tutte le mansioni. Anche rispetto ai timori di vedere aumentare i lavori poveri l’Economist rovescia la narrazione. «La cosa peggiore di tanti lavori poco pagati è avere pochi lavori poco pagati». E comunque saranno le abitudini di consumo che prenderemo stabilmente nel post-vaccini a determinare il futuro del lavoro a bassa paga, specie se spenderemo di meno in aerei e hotel. L’altro grande filone che sta facendo discutere è il lavoro ibrido, metà ufficio metà casa. I dipendenti americani si orientano verso il fifty fifty, le società che opereranno solo da remoto saranno una minoranza ma il coinvolgimento dei dipendenti scalerà la lista delle priorità del management. Si accentueranno però le distanze tra lavoratori della conoscenza e gli altri, i buoni lavori si possono fare anche da casa, quelli essenziali no. E l’unica possibilità di conoscenza reciproca tra un giovane architetto e un giovane rider sarà «aprire la porta per la consegna del cibo». In sintesi, ottimismo sulla quantità del lavoro, interrogativi vecchi e nuovi sulla sua qualità.