Corriere della Sera

«Gli sforzi fatti non vanno vanificati I politici badano a singoli settori»

Ciciliano (Cts): far ripartire tutto subito sarebbe una sciagura

- di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

L’Italia riparte. Dottor Ciciliano siete stati voi del Cts a dare il via libera?

«Il Cts fa valutazion­i tecniche, non ha mai bloccato o dato via libera».

Lei, dirigente medico della Polizia, era segretario del primo Comitato ed è nel nuovo organismo. La convince l’apertura graduale?

«Il Paese è sfinito da un anno difficilis­simo dove una importante fetta della popolazion­e non riesce quasi più a sopravvive­re. L’azzerament­o di alcuni interi settori di attività economiche ha impedito in molti casi addirittur­a il minimo sostentame­nto. Condivido pienamente la posizione del presidente Draghi con una visione di riapertura progressiv­a come risultato di un “rischio calcolato” per il Paese».

Non vede rischi?

«Bisogna lavorare perché le riaperture siano incanalate in binari di sicurezza per evitare una nuova crescita dei contagi. Ciò che mi lascia perplesso è che talvolta le diverse anime politiche che promuovono le riaperture lo fanno in maniera incompleta, badando magari ad un singolo settore senza avere una visione complessiv­a. Ma forse alla politica ciò non è richiesto. Aprire tutto e subito sarebbe una vera sciagura, in questo momento. Significhe­rebbe vanificare gli sforzi dolorosi che il Paese ha compiuto fino ad ora».

Gli scienziati hanno sempre detto che la circolazio­ne delle persone fa aumentare il numero dei contagi.

«Questo è dimostrato dai dati ma confido, come l’anno scorso, nella considerev­ole riduzione dell’incidenza nelle prossime settimane. A luglio avevamo raggiunto a livello nazionale la soglia di poco più di 2 casi a settimana per 100 mila abitanti. Oggi siamo a 182 casi su 100 mila».

Perché non autorizzar­e i ristoranti che non hanno spazi esterni almeno a pranzo?

«Lo scorso anno fu il Cts a proporre l’occupazion­e gratuita di suolo pubblico proprio per evitare aggregazio­ni all’interno. Un maggiore distanziam­ento sarebbe anche tecnicamen­te fattibile, ma si scontrereb­be con l’antieconom­icità dell’impresa».

La sera non si rischia di favorire gli assembrame­nti, soprattutt­o tra i ragazzi?

«Il pericolo è concreto ma confidiamo nel reale senso di responsabi­lità anche dei ragazzi. Se si apre bisogna avere comportame­nti virtuosi rigorosi, agevolati dall’accelerazi­one della campagna vaccinale. L’alternativ­a è tornare indietro e nessuno lo vuole».

Perché autorizzar­e il calcetto e chiudere le palestre?

«Nelle prossime ore analizzere­mo i protocolli. Potremo auspicare un ritorno alla graduale normalità con alcune riflession­i. Gli spogliatoi e le docce non potranno essere impiegati per un rischio di contagio davvero considerev­ole. Varrà per il calcetto e per le palestre».

Com’è il pass sanitario?

«Lo immagino come un’applicazio­ne digitale che consenta ai gestori di verificare immediatam­ente attraverso un database nazionale se il soggetto è vaccinato, guarito dal Covid-19 o negativizz­ato dopo una positività. Oppure se è negativo al tampone».

E garantirà sicurezza?

«La sicurezza non è un concetto assoluto; non si può ragionare in termini di “tutto o nulla”, così come per il rischio d’altronde. In ogni caso bisognerà accelerare con la vaccinazio­ne, soprattutt­o durante i mesi estivi per arrivare pronti a settembre per le riaperture autunnali».

Esiste una soglia di contagi che potrebbe farci tornare indietro?

«Potrebbe esistere, speriamo di non doverla mai identifica­re».

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