COMPLOTTISMO, IN POLITICA C’È SEMPRE STATO
Dice Goffredo Bettini che il governo Conte non è caduto: è stato fatto cadere. Così vanno le cose, a dire il vero, per tutti i governi parlamentari. E comunque, quale sarebbe stata la mano invisibile che lo ha tolto di mezzo? Si sono mossi, è la risposta, degli interessi, interni e internazionali. Nessun golpe, nessun complotto, ci mancherebbe. Però però però. Qualcosa — un brontolio di fondo, avvertimenti pesanti — ci deve pur essere stato. Cosa? Va bene che, dice Elias Canetti, il segreto è il nucleo più interno del potere. Ma almeno un indizio servirebbe. Se no, tocca accontentarsi di tornare indietro nel tempo. Luglio 1964, il tg che annuncia secco: «Il presidente della Repubblica Antonio Segni ha ricevuto il comandante dell’Arma dei Carabinieri, generale Giovanni De Lorenzo», mio padre che arriva al mare da Roma con la faccia scura, Pietro Nenni che confessa al comitato centrale socialista: «Ho imparato in 50 anni di lotta ad aver paura della destra e a non sottovalutarne le minacce e la forza». Per essere una fake news, come sostiene Mario Segni, era ben congegnata. Almeno agli occhi di uno come me che ci crede ancora. Da allora, di pesanti interventi esterni (reali, dubbi, improbabili) ce ne sono stati tanti che, tenendo fuori cose drammatiche come le stragi, il terrorismo rosso e pure la P2, si può solo elencarne a casaccio qualcuno. Gli indimenticabili golpe anni Settanta, immortalati da Monicelli in «Vogliamo i colonnelli». E negli anni Ottanta il famoso governo Visentini («un bicolore PciPri con l’appoggio esterno della Banca d’Italia e dell’Arma», secondo una battuta d’epoca), che però non vide mai la luce, e i Poteri Irresponsabili evocati dai socialisti. E poi i Poteri Forti mandanti di Mani Pulite. E poi persino Napolitano che liquida Berlusconi su mandato dell’establishment mondiale. E poi e poi e poi. Moltissima aria strafritta, non necessariamente tutta. Neanche la complottologia è più quella di una volta.