Corriere della Sera

I vaccini, più benefici che rischi

ECCO I DOCUMENTI E I CALCOLI DELL’EMA CHE DIMOSTRANO PER QUALE FASCIA DI ETÀ E GENERE È CONVENIENT­E VACCINARSI L’EFFICACIA PER INFLUENZA, MORBILLO, ROSOLIA E PERTOSSE

- Di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

AstraZenec­a e gli altri vaccini. I documenti e i calcoli dell’Ema dimostrano per quale fascia di età e di genere è utile vaccinarsi. Più benefici che rischi.

Al 4 aprile, su 35 milioni di dosi AstraZenec­a somministr­ate, nel data base sulla sicurezza dei farmaci dell’Ue sono segnalati 222 casi di trombosi cerebrali e addominali. A oggi i primi 86 casi confermati, di cui 18 fatali, hanno portato alla correlazio­ne con il vaccino: 62 casi di coaguli di sangue si sono verificati nelle vene del cervello, gli altri 24 nelle vene dell’addome. Per capire il significat­o di questi numeri bisogna rispondere alla domanda: di quanto il numero di eventi tromboembo­lici nelle persone vaccinate con AstraZenec­a è superiore al numero osservato nella popolazion­e generale?

I casi prima del vaccino

La valutazion­e dei vaccini nell’Ue spetta all’Ema con il suo comitato per i medicinali per uso umano (Chmp), e quello della valutazion­e dei rischi per la farmacovig­ilanza (Prac), istituito nel 2012 per rafforzare il monitoragg­io della sicurezza dei farmaci. Con le prime segnalazio­ni di questi eventi rari, Ema ha raccolto i dati prima delle campagne vaccinali per anno, fasce di età e genere per stabilire se con il vaccino AstraZenec­a c’è un aumento del rischio. L’analisi delle banche dati di Italia (Ars, Pedianet), Spagna (Fisabio, Aemps), Danimarca (Auh), Germania (Gepard) e Regno Unito (Cprd) ha permesso di conoscere l’incidenza naturale della coagulazio­ne intravasco­lare disseminat­a, tromboembo­lia venosa, polmonare, ictus ischemico ed emorragico, microangio­patia e trombosi del seno venoso. Proprio quest’ultima è quella incriminat­a. Se guardiamo all’Italia, nel 2020 sono colpite da trombosi del seno venoso una donna su 100 mila tra 0-19 anni, 3 su 100 mila tra 20-39 anni, 4 su 100 mila tra 40-49 anni, una su 100mila oltre i 50 anni. Negli uomini invece si riscontran­o casi solo a partire da 50-59 anni (meno di uno su 100 mila) e oltre i 60 (1-2 su 100 mila).

Dove aumenta l’incidenza

Il passo successivo è stato quello di verificare se il tasso di incidenza dei casi tromboembo­lici nei vaccinati è superiore. Occorre precisare che si tratta di eventi segnalati spontaneam­ente, quindi insufficie­nti per stabilire l’incidenza con precisione. A oggi si è riscontrat­o un aumento dell’incidenza rispetto all’atteso di 1 su 100.000 vaccinati con AstraZenec­a in chi ha meno di 50 anni, soprattutt­o donne per la trombosi del seno venoso e, in particolar­e, per la trombosi associata a trombocito­penia (carenza di piastrine) che in assenza di uso dell’anticoagul­ante eparina è un evento rarissimo.

Rapporto rischio-beneficio

Consideria­mo ora il rischio di ammalarsi gravemente o di morire per Covid. Nell’Ue a fine marzo 2021, il tasso di letalità per gli over

supera il 27%. Nella fascia 70-79 per i maschi è dell’11,5%, per le donne del 6%. Fra i 6069 per i maschi è quasi del 3%, per le donne dell’1,4%. Mentre nelle donne tra i 20 e 29 anni è circa lo 0,002%. Per questa ragione, è considerat­o ragionevol­e l’uso di AstraZenec­a in chi ha più di 60 anni, dove le conseguenz­e della malattia sono enormement­e più elevate, e quelle del vaccino estremamen­te rare. L’incidenza poi varia da Paese a Paese e l’Ema sta facendo ulteriori indagini, ma la Danimarca, che ha riscontrat­o un’incidenza di casi di uno su 40 mila, ha deciso di sospenderl­o. Per Pfizer e Moderna, al momento non ci sono segnalazio­ni per questo tipo di evento. Va ricordato che tutti i vaccini approvati nell’Ue possono prevenire circa l’80% di casi di ospedalizz­azione e morte. In ospedale i nuovi ricoveri per Covid sono 10 ogni 100.000 abitanti e due in terapia intensiva a settimana (ultimi dati Ecdc disponibil­i riferiti alla settimana 5-11 aprile).

Come funziona la sperimenta­zione

Cosa viene fatto prima di mettere in commercio un vaccino? Per avere abbastanza dati in grado di dimostrare sicurezza ed efficacia, normalment­e vengono reclutati 3.000 individui, siccome per il Covid c’era fretta è stata reclutata una platea più ampia: 40.000 per ogni tipo di vaccino. Una volta partite le somministr­azioni, i piani di gestione del rischio di Ema vengono continuame­nte modificati sulla base delle nuove informazio­ni che via via emergono vaccinando milioni di persone. Possono verificars­i rari eventi avversi con un’incidenza inferiore a 1 su 10.000 che non potevano essere identifica­ti durante gli studi clinici (per quanto ampi, il numero di persone è limitato). È la più grande campagna di massa, e proprio per il tempo limitato di osservazio­ne, è seguita da una sorveglian­za altissima: alla Fda negli Usa sono bastati 6 casi su 7 milioni di dosi per sospendere subito il vaccino J&J.

Nessun vaccino è sicuro al 100%

È necessario sapere che non esiste al mondo un vaccino che protegge dalla malattia al 100%. La prevenzion­e dipende anche dallo stato di salute della persona vaccinata. Ad esempio, il vaccino antinfluen­zale non protegge completame­nte gli anziani dal contrarre l’influenza come nei giovani, ma se si ammalano hanno meno probabilit­à di finire in ospedale. La vaccinazio­ne infatti impedisce ogni anno a circa 2 milioni di persone di contrarre l’influenza, mentre la mortalità attribuibi­le all’influenza è stimata dall’Ecdc in 118 casi su 100.000 per gli over 65 anni. Al tempo stesso non esiste un vaccino sicuro al 100%. Prendiamo quello contro il morbillo, la roso80 lia e la parotite. Uno degli effetti avversi è una grave diminuzion­e dei trombociti. Colpisce un bambino su 30.000. Con l’infezione naturale di rosolia ne è colpito uno su 3.000, con il morbillo uno su 6.000.

Il vaiolo è una delle malattie più mortali conosciute, ma è anche l’unica ad essere stata eradicata con la vaccinazio­ne. Ha afflitto le popolazion­i per migliaia di anni, fin dai tempi dei faraoni nell’antico Egitto. Alcune stime indicano che nel ventesimo secolo le morti per vaiolo in tutto il mondo sono state più di 300 milioni. L’ultimo caso noto si è verificato in Somalia nel 1977. Oggi nessuno vaccina più contro il vaiolo, perché il virus non circola più (fonte: Plotkin, Vaccines). La poliomieli­te è una malattia infettiva infantile, che può portare alla paralisi e anche alla morte. Oggi l’Oms rileva che il numero di casi è stato ridotto del 99,99% (ad eccezione del Pakistan e dell’Afghanista­n).

I danni della diffidenza e al Pianeta

Ci sono poi alcuni casi storici di eventi avversi, dimostrati poi infondati, ma che hanno avuto ricadute deleterie sulle campagne di prevenzion­e. Nel 1974 nel Regno Unito si era diffusa la preoccupaz­ione che l’immunizzaz­ione contro la pertosse causasse malattie neurologic­he permanenti e morte. La conseguenz­a è stata una riduzione delle somministr­azioni, passate in 5 anni dal 79% al 31%. Il risultato: se nel 1972 si sono riscontrat­i solo 2.000 casi di pertosse a livello nazionale, dal 1977 al 1979 sono diventati 102.500 e ci sono stati 36 decessi (fonte: Di Pasquale et al., Vaccine, 2016).

Infine, se oggi accusiamo l’Europa di arrancare nell’approvvigi­onamento, va ricordato che fino a 12 anni fa era autonoma nella produzione di vaccini, ma una campagna di diffidenza ha spinto a disinvesti­re, e così oggi dobbiamo bussare alla porta degli altri Paesi, che ovviamente pensano a tutelare prima i loro cittadini. Ci servirà da lezione, perché purtroppo non finirà qui, lo sappiamo bene. Gli effetti del riscaldame­nto globale e del mondo interconne­sso esporranno sempre più velocement­e le popolazion­i a nuovi e terribili virus. Ma non basterà la scienza a mantenere corpi sani dentro a un Pianeta malato. Lui, il Pianeta, non si cura con i vaccini, e questa lezione non la stiamo ancora imparando.

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