Corriere della Sera

Riforme, ecco il piano

Verso un taglio alle voci di spesa create per l’emergenza Spinta di Cartabia per le nuove regole sulle crisi d’impresa

- di Federico Fubini

Solo un antidoto può compensare il debito pubblico di questi anni: un piano credibile di riforme.

Mario Draghi ne è consapevol­e più di chiunque altro ed è anche per questo che il premier adesso sta dando un impulso perché il lavoro su questo fronte del Recovery Plan diventi più incisivo. La situazione della finanza pubblica non lascia alternativ­e: non se il governo vuole rendere concrete le sue previsioni di crescita per il 2022 (più 4,8%) e il 2023 (più 2,6%) e dunque sostenibil­e il debito pubblico.

Poco importa che il quadro del deficit sia forse meno problemati­co di come appare in questi giorni. Due aspetti potrebbero riservare sorprese positive: alla fine dell’anno il deficit potrebbe essere un po’ sotto all’11,8% del prodotto interno lordo indicato nel Documento di economia e finanza (Def), perché la Ragioneria è rimasta prudente nelle ipotesi sugli scenari dei prossimi mesi. Allo stesso tempo, al ministero dell’Economia e a Palazzo Chigi si intende evitare che diventino struttural­i le spese straordina­rie in deficit decise nel 2020 e quest’anno. Prevale l’orientamen­to a far uscire di scena gran parte delle voci create con l’emergenza, se il Covid-19 finalmente allenta la presa. Di certo questa partita resta da giocare, a partire dalla legge di bilancio dell’autunno. Ma per quanto possa generare contrasti con i partiti, ai vertici del governo non cambia la scelta di interrompe­re gran parte dei flussi di spesa nati con la pandemia.

La sfida dei conti

Niente di tutto questo, naturalmen­te, rende normale la situazione dell’Italia. Il Def stesso ricorda che nel primo trimestre del 2021 l’attività è caduta e dunque il Paese è tornato tecnicamen­te in recessione. Il deficit previsto dal governo – ricorda Fabio Balboni di Hsbc – quest’anno per la prima volta da decenni è nettamente il più alto dell’area euro. Il debito salirà ancora. La scelta di allargare i sostegni con decisione nasce dalla certezza che il Paese socialment­e rischiereb­be di non tenere, prima che i vaccini riportino un po’ di normalità.

Draghi in questo non fa che assecondar­e le raccomanda­zioni del Fondo monetario internazio­nale, che consiglia all’area euro un’ulteriore espansione di bilancio del 3% del Pil (l’ultimo decreto del governo vale il 2,3%). Ma l’eredità di debito rimane. Ed è per questo che anche sulle riforme si sta accelerand­o, con l’obiettivo di favorire la crescita, rendere sostenibil­i i conti pubblici e rassicurar­e così i mercati finanziari. Una delle decisioni più recenti riguarda l’avvio di un gruppo di lavoro che proponga interventi per aprire di più l’economia alla concorrenz­a. Si tratta di una delle misure che la Commission­e

Ue chiede all’Italia di inserire nel Recovery e questo offre a Draghi un’opportunit­à: se le riforme di concorrenz­a sono incardinat­e nei progetti europei, benché non approvate subito, anche i futuri governi italiani dovranno attuarle e mantenerle per continuare a ricevere i bonifici da Bruxelles. Un progetto ben fatto oggi, vincolato al Recovery, legherebbe le mani ai partiti anche in futuro.

Le semplifica­zioni

Su questi temi il coordinato­re è Marco D’Alberti, esperto di diritto amministra­tivo e consiglier­e di Draghi per le semplifica­zioni amministra­tive (che arriverann­o in un decreto di maggio per accompagna­re il Recovery). Tra l’altro, per la prima volta da moltissimo tempo il premier ha deciso anche di presentare una legge sulla concorrenz­a.

Anche su altri fronti di riforma da agganciare al Recovery c’è un’accelerazi­one. La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha costituito una serie di gruppi di lavoro, tutti con tempi stretti per presentare dei progetti. Il più recente riguarda il codice sulle crisi d’impresa, per rendere più agili le procedure fallimenta­ri. Entro fine mese deve presentare le sue conclusion­i a Cartabia un gruppo di lavoro sulla giustizia civile, prevedendo riforme che vadano oltre l’assunzione di migliaia di assistenti per giudici e magistrati. In comproprie­tà fra Giustizia e ministero dell’Economia, è all’opera un gruppo di lavoro sulla giustizia tributaria per rendere meno onerosa e più semplice la vita delle imprese. Perché il debito pubblico fatto per tenere insieme la società in piena pandemia è stato necessario, ma anche una scommessa. Per vincerla serve disperatam­ente una crescita che, senza riforme, resta fuori portata.

Alla fine dell’anno il deficit potrebbe risultare inferiore all’11,8% del Pil

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