«Bisogna agire sugli orari, la rete dei trasporti è un problema»
Il presidente della Conferenza delle Regioni, Fedriga: con l’apertura al 50% ci si era già spinti a un buon punto
Presidente, lei ha apprezzato le riaperture decise dal governo, ma sulla scuola non è d’accordo. Perché?
«Ero in disaccordo, non per la scuola in sé, ma per i trasporti — risponde Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli-Venezia Giulia e neo presidente della Conferenza delle Regioni — . In settimana incontreremo il governo per vedere gli orari di apertura e chiusura delle scuole perché così non va bene».
A Roma hanno fatto il passo più lungo della gamba?
«Immagino che il governo sia a conoscenza dei problemi. Noi abbiamo dato la disponibilità a risolvere le criticità».
Il nodo sono i trasporti?
«Sì, con le dotazioni attuali non siamo in grado di dare risposta ad un’utenza riportata al 100%. È chiaro che, non potendo intervenire più di tanto su questo fronte, sia necessario agire sullo scaglionamento degli orari di ingresso e uscita dalle scuole».
Se avesse dovuto decidere lei come si sarebbe mosso?
«Secondo me, con l’apertura al 50% ci si era già spinti ad un buon punto. Era stato raggiunto un buon equilibrio, un compromesso che consentiva di lanciare anche un segnale importante ad un settore delicato come la scuola».
Sulle altre aperture nulla da obiettare?
«È stato fatto un passo avanti importante, anticipando la possibilità di utilizzare gli spazi esterni. È chiaro che siamo in una situazione transitoria».
Alcuni suoi colleghi, come il ligure Giovanni Toti, chiedono di consentire pranzi e cene anche al chiuso.
«La gradualità va bene, l’alternativa era tenere tutto chiuso. Ricordiamoci che il governo aveva deciso di mantenere la chiusura per tutto aprile, riservandosi di decidere a maggio».
Quando verrà meno la gradualità?
«Penso a metà maggio. Fosse per me anche prima, ma le Regioni non pongono ultimatum. Semmai, si poteva fare altro...».
Cioè?
«Le palestre andrebbero riaperte, almeno le lezioni individuali. Altrimenti, si finisce con l’incentivare soluzioni (ci si iscrive all’attività agonistica e si possono utilizzare) che superano i limiti posti. Ma così si ingenera confusione e sfiducia».
Gli italiani sono sempre più insofferenti.
«Sì, si avverte una crescente insofferenza. Tocca alle istituzioni marciare insieme ai cittadini ricordando che le buone regole sono quelle che si possono rispettare, non quelle scritte in astratto».
C’è chi chiede di allentare il coprifuoco.
«È solo questione di un paio di settimane».
Il pass vaccinale rischia di essere discriminatorio?
«No, basta che si prevedano criteri di buon senso. Ma non abbiamo ancora a disposizione un testo che spieghi cosa vuole fare il governo».
Potrebbe essere importante per chi vuole creare delle isole «Covid free».
«Per situazioni limitate può essere adatto. Io però non creerò le isole “Covid free”. L’economia si salva se metto in sicurezza l’intero sistema ospedaliero e non posso fare differenze tra soggetti a seconda di dove vivono».
Nella partita tra aperture e chiusure chi ha vinto?
«Nessuno. È giusto che chi ha sostenuto certe posizioni lo rivendichi, ma qui ha prevalso l’equilibrio».
La pandemia non ha dimostrato che bisognerebbe centralizzare la sanità?
«L’esatto contrario. Il sistema sanitario avrebbe dato risposte peggiori se non fosse stato gestito dalle Regioni».
Con il governo però ci sono state tante frizioni.
«È vero, anche le Regioni hanno commesso degli errori. Ma hanno reagito rispetto a chi voleva fare lo scaricabarile. Ora si è creato un corretto rapporto istituzionale».
Il clima è sereno, pare.
«Voglio muovermi in continuità con il mio predecessore Stefano Bonaccini. Tenere unite le Regioni dà più forza al sistema Paese. Le scelte che partono dai territori sono sempre le migliori».