Lo spettro di Rosemarie
Francoforte, 1957: l’omicidio di una escort svelò il lato oscuro del boom tedesco
Quando la trovarono morta, nel suo appartamento, Rosemarie Nitribitt aveva solo 24 anni. Era il 1° novembre del 1957. C’erano dei segni di strangolamento sul collo e una ferita sulla testa: furono queste le uniche notizie comunicate dalla polizia. Rosemarie abitava nel centro di Francoforte, era — diremmo oggi — una escort che contava fra i suoi clienti banchieri, uomini della finanza, industriali. Ma i nomi di questi signori dovevano essere protetti nonostante il clamore suscitato dal delitto, e ancora oggi nessuno è riuscito a rivelare i nomi dei sospetti.
Rosemarie era nata a Düsseldorf, il 1° febbraio 1933. Affidata, quando era ancora bambina, agli assistenti sociali, a 18 anni fugge a Francoforte dove, una notte, alla stazione, viene arrestata per prostituzione. Dopo un breve periodo in prigione, finisce in un centro di recupero per minorenni. A 21 anni, raggiunta la maggiore età, sceglie di restare a Francoforte e capisce subito che solo trovando clienti ricchi potrà permettersi la vita agiata che merita. Un «amico» le regala una Opel Kapitän. Ma lei vuole una Mercedes 190 SL nera e la compra nel 1956, pagando in contanti 18 mila marchi. Per tutti, dopo la sua morte, diventerà la Mercedes Nitribitt.
Uno dei clienti, l’imprenditore Heinz Pohlmann, esce allo scoperto. E racconta in una serie di articoli sul settimanale «Quick» i sospetti sui «ricchi grassoni» di cui non si può né si deve conoscere il nome. Pohlmann, però, riconosciuto dai vicini di casa di Rosemarie, viene accusato di omicidio: avrebbe, dicono, ucciso la ragazza e rubato molte migliaia di marchi. Nel processo del luglio 1960 sarà prosciolto perché i giudici riconoscono le gravi lacune delle indagini della polizia.
Caso di cronaca reso ancora più eccitante dal fatto che gli inquirenti stavano coprendo personaggi molto importanti, in realtà l’uccisione di Rosemarie aveva un significato più inquietante: rivelava il lato oscuro del miracolo economico tedesco.
È il giornalista Erich Kuby a capirlo, a lui si deve la sceneggiatura del film di Rolf Thiele Das Mädchen Rosemarie («La ragazza Rosemarie») e la stesura del romanzo Rosemarie (ora riproposto da Meltemi), usciti entrambi nel 1958. Le riprese del film, a Francoforte, incontrarono molti ostacoli. Così le scene nell’albergo dove si riuniscono i ricconi — ribattezzato Palast Hotel — non poterono essere girate dentro lo storico Frankfurter Hof, ancora oggi centro di incontri per gli ospiti delle Fiere. Furono girate negli studi di Berlino Ovest.
Anche la commissione censura era intervenuta pesantemente, tagliando battute del dialogo e qualche scena. Kuby e il regista Thiele furono definiti Nestbeschmutzer, quelli che sputano nel piatto in cui mangiano. Solo il successo mondiale del film alleggerirà in parte l’ostilità dei politici. Ma il governo Adenauer esercita un controllo durissimo non solo sulla stampa, ma anche su polizia e magistratura. Der Alte, il Vecchio, così in Germania si chiamava Konrad Adenauer non solo impediva ogni riflessione sul recente passato (il nazismo, lo sterminio degli ebrei) ma proibiva ogni critica che potesse intralciare il miracolo economico e i suoi protagonisti.
Anni complessi quelli di Rosemarie: il grande sostegno americano alla ripresa chiedeva in cambio pesanti concessioni. Per esempio, nel 1955, la ricostituzione dell’esercito tedesco (Bundeswehr), non prevista negli accordi di pace, ma necessaria dal punto di vista Usa come deterrente rispetto al riarmo della Germania Est. Insomma, erano, è veventa ro, gli anni del miracolo, ma anche della guerra fredda.
Das Mädchen Rosemarie di Thiele è il primo film sul miracolo economico. Anticipa i film di Dino Risi che hanno saputo raccontare luci e ombre del miracolo italiano. Presentato alla Mostra di Venezia, il film vince il premio Pasinetti. Nel 1959, insieme con il premio per la regia al Festival di Mar del Plata in Argentina, vince il Golden Globe a Hollywood.
Il film di Thiele ci restituisce l’immagine di un periodo cupo, in cui si fa sesso ma senza piacere, perché per le ragazze è il mezzo per avere danaro sufficiente per abiti e case eleganti. E per gli uomini della finanza e dell’industria, prima di essere la prova di potenza sessuale oltre i cinquant’anni, è la conferma dell’importanza del fattore economico perché solo chi è ricco può permettersi tutto. Dal sesso alla posizione sociale alla ascesa politica. Il miracolo tedesco non genera euforia (anche se cominciano le vacanze sull’Adriatico), prevalgono il senso del dovere e l’impegno per la ricostruzione. Solo una solida sicurezza economica può soddisfare il bisogno di diventare borghesi benestanti. A Rosemarie non sarà permesso.
Das Mädchen Rosemarie segue uno schema che ricorda i «drammi didattici» di Brecht. Per esempio, i due amici ladruncoli di Rosemarie, Horst e Walter, interrompono spesso l’azione con strofette cantate in cui commentano la rapida ascesa della ragazza. Ma anche i personaggi che lei frequenta sono molto stereotipati: si muovono insieme, e la sera, in fila, aspettano ciascuno la propria Mercedes con autista. Vanno a cena con una delle ragazze che il portiere dell’hotel ha consigliato. Lui, il concierge, riceve grosse mance per questo, ma non tollera che ragazze su cui non ha il controllo possano rimanere nella hall. Così affronta in modo sgarbato Rosemarie, che deve uscire. Quando lei, qualche giorno dopo, torna con uno dei ricchi ospiti dell’hotel, l’untuoso portiere si inchina.
In poco tempo Rosemarie dila escort più richiesta: la pagano, dicono, non solo per le prestazioni sessuali, ma perché sa ascoltare le confidenze dei «grassoni». Per questo le viene proposto un affare: se lei accetta che venga installato un registratore, verrà pagata per i nastri. Ma dopo poco Rosemarie decide che può fare da sola, senza intermediario. Ed è la mossa che la porterà alla morte. Nell’ultima scena del film, i ricchi clienti, ognuno nella sua Mercedes, aspettano davanti alla casa di Rosemarie che la ragazza sia eliminata. Quando la luce dell’appartamento di lei si spegne, tutti se ne vanno.
Nel romanzo Erich Kuby, oltre a dare un nome di fiction ai vari clienti della escort (ricchi industriali, come Alfons Bruster, che si definisce «il re del filo metallico»), introduce una nuova ipotesi. Che, cioè, i responsabili della morte di Rosemarie non furono i ricchi imprenditori che non tolleravano il ricatto, ma gli uomini dei servizi segreti, da una parte interessati alle confidenze dei «grassoni» ma in realtà preoccupati. Nelle riunioni di Francoforte, infatti, un rappresentante del governo aveva chiesto agli industriali collaborazione per il progetto «Baby Doll», per la costruzione cioè di missili su cui montare le testate nucleari. Questo segreto non doveva essere rivelato, Rosemarie che aveva ricevuto le confidenze dei partecipanti alle riunioni doveva tacere. Per sempre.
In una mostra sui grandi casi di cronaca, organizzata a Francoforte nel 1989, la sezione sul delitto del 1957 era intitolata: Chi ha paura di Rosemarie Nitribitt? Dopo tre film, una pièce teatrale, un tv-movie, un musical, senza contare i libri che ancora si pubblicano sul caso, verrebbe di rispondere: a più di 60 anni di distanza, scoprire chi uccise Rosemarie fa ancora paura.