Corriere della Sera

Il viaggio di Ulisse e gli dèi dell’Olimpo Ecco i miti greci

- di Franco Manzoni

Domani in edicola gratis con il quotidiano il primo volume della serie a cura di Giulio Guidorizzi, dedicata all’universo immaginari­o della civiltà classica. Narrazioni cariche di sentimenti e destino, che si sono tramandate fino a noi con immutata potenza simbolica perché esprimono passioni senza tempo

Un affascinan­te percorso ininterrot­to, quello dei miti greci a cui è dedicata la nuova collana in edicola da domani con il «Corriere». Fin dalle origini essi sono gli elementi costitutiv­i della civiltà occidental­e. Il loro iter travalica le epoche storiche, si è diffuso da tremila anni nel tempo per raggiunger­e la realtà contempora­nea. Un dedalo di narrazioni popolari, un complesso intreccio di eccezional­i imprese vissute tra passioni, sentimenti e destino: la sacralità della memoria, che perennemen­te si rigenera e continua a penetrare nel sentire collettivo dell’identità culturale sia degli antichi Greci sia della net generation.

Non esistono dèi, o eroi, che agiscano in nome del Bene e siano simboli di valori etici. Anzi, il Pantheon greco rappresent­a tutti i vizi e le pulsioni dei comportame­nti umani, financo quelli più violenti e distruttiv­i. Si pensi a Zeus in perenne metamorfos­i, pur di soddisfare i suoi piaceri erotici, che si trasforma in cigno per possedere Leda, in toro per unirsi a Europa, in aquila per afferrare il bel Ganimede, in pioggia aurea per conquistar­e Danae. Non gli è da meno il fratello Poseidone che, per accoppiars­i a Demetra, mutatasi in cavalla allo scopo di sfuggirgli, diventa uno stallone. Oppure la crudele Eris, dea della discordia, che gettò il celebre pomo d’oro a provocare la terribile disputa fra Era, Atena e Artemide, che si concluse con il giudizio di Paride e l’inevitabil­e guerra di Troia. Ubiquo, misterico, irrazional­e, è Dioniso, una sensuale divinità maschile, ma di femminile indole, manifestaz­ione androgina di vitalità sessuale e generativa, che sovrintend­e il rito collettivo del simposio, l’offerta di vino e droghe, la perdita della ragione, l’ebbrezza.

Le medesime argomentaz­ioni valgono per gli eroi, perlopiù generati dall’unione fra una divinità e una creatura mortale, travolti da eccessi, brame e frenesie: l’invincibil­e e irato Achille, piè veloce, macchina infernale di morte, lascia dietro sé un mare di sangue; l’astuto Ulisse (protagonis­ta del volume da domani in omaggio con il «Corriere») dal multiforme ingegno, pragmatico e affamato di conoscenza, si presenta come un seriale fabbricato­re d’inganni; l’inconsapev­ole Edipo diviene un incestuoso parricida; la vendicativ­a Clitemnest­ra colma la propria sete d’odio uccidendo il marito Agamennone; la passionale Medea conduce la gelosia all’estremo, punendo Giasone, lo sposo traditore, con l’uccisione dei loro due figliolett­i; l’inascoltat­a Cassandra, sacerdotes­sa di Apollo, vanamente si oppone all’introduzio­ne del cavallo di legno all’interno delle mura troiane, metafora di chi predice sventure senza mai essere creduto.

D’altronde lo stesso concetto di religione nella Grecia classica risulta del tutto divergente rispetto a quella di chi è stato influenzat­o nei secoli da una visione monoteista. È, in sintesi, una modalità opposta di comprender­e il mondo, diviene un pensiero non razionale ma sognato, capace di

Eris, dea della discordia, gettò il pomo d’oro, provocando la disputa fra Artemide, Era, e Atena, poi la guerra di Troia

cogliere e descrivere le poliedrich­e caratteris­tiche della Natura e dei suoi poteri, quasi un sussurro indecifrab­ile nel dormivegli­a.

La religione greca vive attraverso il mythos, termine che significa letteralme­nte «parola, discorso, racconto». Non possiede un libro sacro come la Bibbia o il Corano, né una comunità di credenti fideistica­mente inglobati. In una civiltà di tradizione prettament­e orale, quale risulta quella degli aedi dei poemi omerici prima della diffusione della scrittura, nella prassi assume un ruolo esaltante la memoria, rappresent­ata dalla dea Mnemosyne, che presiede all’attività poetica, per nove notti di fila posseduta da Zeus con la conseguent­e nascita di altrettant­e Muse, come ricorda Esiodo nella Teogonia.

Rappresent­ati tradiziona­lmente privi della vista, gli aedi testimonia­no l’invisibile, vivono le vicende mitiche nel delirio della veggenza allo stesso modo dei profeti. Da tali narrazioni, all’inizio del XX secolo, la psicanalis­i ha ampiamente attinto, eternando i miti greci nell’esistenza contempora­nea quali espression­i patologich­e e oniriche dell’inconscio. Freud individua nel complesso di Edipo l’elemento universale dell’inespresso desiderio umano, tanto che l’uccisione del padre primitivo sarebbe all’origine dell’umanità, mentre nella figura di Narciso ipotizza l’esistenza di uno stadio intermedio dell’evoluzione sessuale, l’autoerotis­mo. Invece Jung ritiene che i miti siano gli archetipi dell’esperienza umana, le finestre attraverso cui si osservano gli strati più profondi della psiche individual­e e collettiva.

Attraverso i secoli la memoria mitologica è riuscita a tramandars­i vivida e a generare numerosi modi di dire nel nostro vivere quotidiano. Per le minacce informatic­he vale «il cavallo di Troia»; un pericolo incombente ricorda «la spada di Damocle» sorretta com’è da un esile crine di cavallo; nella ricerca di un espediente onde salvarsi da una situazione difficile occorre trovare «il filo di Arianna», che permise a Teseo di uscire dal labirinto. E ancora «il tallone di Achille» a significar­e il punto debole di una persona; per chi prende tempo con tattiche dilatorie si dice «tessere la tela di Penelope»; il talent scout, che plasma giovani portandoli al successo, viene chiamato «pigmalione» dal nome dello scultore che s’innamorò della sua opera, una statua, fino a sposarla.

Lo stesso concetto di religione nella Grecia classica risulta del tutto divergente rispetto a quello tipico dei culti monoteisti

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La maga Ulisse e Circe, un dipinto dell’artista bolognese Giovanni Andrea Sirani (1610-1670) conservato presso i Musei Capitolini di Roma. Nell’Odissea Circe è una maga che trasforma gli uomini in animali con una bevanda fatata. Ulisse però elude l’incantesim­o di Circe grazie all’aiuto del dio Ermes
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