Il viaggio di Ulisse e gli dèi dell’Olimpo Ecco i miti greci
Domani in edicola gratis con il quotidiano il primo volume della serie a cura di Giulio Guidorizzi, dedicata all’universo immaginario della civiltà classica. Narrazioni cariche di sentimenti e destino, che si sono tramandate fino a noi con immutata potenza simbolica perché esprimono passioni senza tempo
Un affascinante percorso ininterrotto, quello dei miti greci a cui è dedicata la nuova collana in edicola da domani con il «Corriere». Fin dalle origini essi sono gli elementi costitutivi della civiltà occidentale. Il loro iter travalica le epoche storiche, si è diffuso da tremila anni nel tempo per raggiungere la realtà contemporanea. Un dedalo di narrazioni popolari, un complesso intreccio di eccezionali imprese vissute tra passioni, sentimenti e destino: la sacralità della memoria, che perennemente si rigenera e continua a penetrare nel sentire collettivo dell’identità culturale sia degli antichi Greci sia della net generation.
Non esistono dèi, o eroi, che agiscano in nome del Bene e siano simboli di valori etici. Anzi, il Pantheon greco rappresenta tutti i vizi e le pulsioni dei comportamenti umani, financo quelli più violenti e distruttivi. Si pensi a Zeus in perenne metamorfosi, pur di soddisfare i suoi piaceri erotici, che si trasforma in cigno per possedere Leda, in toro per unirsi a Europa, in aquila per afferrare il bel Ganimede, in pioggia aurea per conquistare Danae. Non gli è da meno il fratello Poseidone che, per accoppiarsi a Demetra, mutatasi in cavalla allo scopo di sfuggirgli, diventa uno stallone. Oppure la crudele Eris, dea della discordia, che gettò il celebre pomo d’oro a provocare la terribile disputa fra Era, Atena e Artemide, che si concluse con il giudizio di Paride e l’inevitabile guerra di Troia. Ubiquo, misterico, irrazionale, è Dioniso, una sensuale divinità maschile, ma di femminile indole, manifestazione androgina di vitalità sessuale e generativa, che sovrintende il rito collettivo del simposio, l’offerta di vino e droghe, la perdita della ragione, l’ebbrezza.
Le medesime argomentazioni valgono per gli eroi, perlopiù generati dall’unione fra una divinità e una creatura mortale, travolti da eccessi, brame e frenesie: l’invincibile e irato Achille, piè veloce, macchina infernale di morte, lascia dietro sé un mare di sangue; l’astuto Ulisse (protagonista del volume da domani in omaggio con il «Corriere») dal multiforme ingegno, pragmatico e affamato di conoscenza, si presenta come un seriale fabbricatore d’inganni; l’inconsapevole Edipo diviene un incestuoso parricida; la vendicativa Clitemnestra colma la propria sete d’odio uccidendo il marito Agamennone; la passionale Medea conduce la gelosia all’estremo, punendo Giasone, lo sposo traditore, con l’uccisione dei loro due figlioletti; l’inascoltata Cassandra, sacerdotessa di Apollo, vanamente si oppone all’introduzione del cavallo di legno all’interno delle mura troiane, metafora di chi predice sventure senza mai essere creduto.
D’altronde lo stesso concetto di religione nella Grecia classica risulta del tutto divergente rispetto a quella di chi è stato influenzato nei secoli da una visione monoteista. È, in sintesi, una modalità opposta di comprendere il mondo, diviene un pensiero non razionale ma sognato, capace di
Eris, dea della discordia, gettò il pomo d’oro, provocando la disputa fra Artemide, Era, e Atena, poi la guerra di Troia
cogliere e descrivere le poliedriche caratteristiche della Natura e dei suoi poteri, quasi un sussurro indecifrabile nel dormiveglia.
La religione greca vive attraverso il mythos, termine che significa letteralmente «parola, discorso, racconto». Non possiede un libro sacro come la Bibbia o il Corano, né una comunità di credenti fideisticamente inglobati. In una civiltà di tradizione prettamente orale, quale risulta quella degli aedi dei poemi omerici prima della diffusione della scrittura, nella prassi assume un ruolo esaltante la memoria, rappresentata dalla dea Mnemosyne, che presiede all’attività poetica, per nove notti di fila posseduta da Zeus con la conseguente nascita di altrettante Muse, come ricorda Esiodo nella Teogonia.
Rappresentati tradizionalmente privi della vista, gli aedi testimoniano l’invisibile, vivono le vicende mitiche nel delirio della veggenza allo stesso modo dei profeti. Da tali narrazioni, all’inizio del XX secolo, la psicanalisi ha ampiamente attinto, eternando i miti greci nell’esistenza contemporanea quali espressioni patologiche e oniriche dell’inconscio. Freud individua nel complesso di Edipo l’elemento universale dell’inespresso desiderio umano, tanto che l’uccisione del padre primitivo sarebbe all’origine dell’umanità, mentre nella figura di Narciso ipotizza l’esistenza di uno stadio intermedio dell’evoluzione sessuale, l’autoerotismo. Invece Jung ritiene che i miti siano gli archetipi dell’esperienza umana, le finestre attraverso cui si osservano gli strati più profondi della psiche individuale e collettiva.
Attraverso i secoli la memoria mitologica è riuscita a tramandarsi vivida e a generare numerosi modi di dire nel nostro vivere quotidiano. Per le minacce informatiche vale «il cavallo di Troia»; un pericolo incombente ricorda «la spada di Damocle» sorretta com’è da un esile crine di cavallo; nella ricerca di un espediente onde salvarsi da una situazione difficile occorre trovare «il filo di Arianna», che permise a Teseo di uscire dal labirinto. E ancora «il tallone di Achille» a significare il punto debole di una persona; per chi prende tempo con tattiche dilatorie si dice «tessere la tela di Penelope»; il talent scout, che plasma giovani portandoli al successo, viene chiamato «pigmalione» dal nome dello scultore che s’innamorò della sua opera, una statua, fino a sposarla.
Lo stesso concetto di religione nella Grecia classica risulta del tutto divergente rispetto a quello tipico dei culti monoteisti