Il coraggio di un papà
Bova: in tv si racconta la perfezione dei genitori, invece qui mi rivedo perché il «mio» Guido sa sbagliare
Si diventa padri piano piano. Raoul Bova ne è convinto, ed è uno che in materia ha una certa esperienza: ha quattro figli, due maschi dal primo matrimonio e due bimbe dalla storia con la compagna Rocío Morales. E avrà quattro figli anche in «Buongiorno mamma!», nuova fiction in onda dal 21 aprile su Canale 5. «Anche in quel caso sono due femmine e due maschi, solo sono un po’ invertite le età. Guido, il mio personaggio, mi piace non solo per il rapporto meraviglioso che ha con i figli, in cui mi rivedo, ma anche per il coraggio che lo porta a ragionare con la sua testa per il bene della famiglia. Nelle fiction si racconta la perfezione; qui viene fuori sì un super papà, ma che sbaglia anche. I figli lo aiuteranno a crescere».
È successo anche a lei?
«Certo. Tutti vorremmo apparire infallibili ai loro occhi, non contraddirci mai. Ma poi ci pensa la vita a farti vedere una cosa in cui credevi da un lato diverso. È facile giudicare ma poi ti trovi dentro una situazione e ti accorgi che devi comportarti diversamente da come avresti pensato».
È una sensazione che accomuna molte persone con famiglie allargate.
«È così. Ti trovi in una condizione che è l’opposto di quello che avresti pensato e ci sei perché hai deciso di fare la cosa giusta. Per mantenere una tua integrità morale devi essere sincero, anche con i figli, e quindi prendere le giuste scelte. Al contempo devi dimostrare di essere la persona di sempre. Ma va insegnato loro il vero amore e la vera felicità: quando si accettano situazioni che non ci rendono più felici ne risentono».
Che effetto le fa ritrovarsi sempre più spesso padre anche sullo schermo?
«Nella carriera di un attore è importante cambiare i ruoli. Il fatto di crescere è un elemento, anche se da giovane mi proponevano ruoli in cui dovevo apparire più grande, adesso il contrario».
In uno scherzo recente, le «Iene» le hanno fatto credere di essere diventato nonno.
«Non l’ho riguardato spesso quello scherzo perché mi ricordava le sensazioni che ho provato: così forti da ammutolirmi. Un bambino è sempre una benedizione, ma mi sono sentito da una parte un padre degenere per non aver capito prima quello che stava vivendo mio figlio, poi ero preoccupato, non sapevo come avrebbe gestito un neonato».
È preoccupato di diventare nonno davvero?
«Succederà e spero anche presto. L’importante è che mio figlio, che oggi ha 19 anni, abbia la coscienza di diventare padre. All’inizio non sai dove mettere le mani, nessuno ti insegna. Poi impari».
La bellezza è stata mai un tema per la sua carriera?
«Quando sento colleghi dire che è un problema perché vogliono essere considerati per l’interiorità resto un po’ perplesso. Il mestiere dell’attore lo possono fare tutti. Se si è in cerca di personaggi impegnati, la sfida è conquistarli nel tempo, con la preparazione. L’aspetto non è la dote che più mi ha aiutato».
Quale allora?
«Penso l’onestà e l’umiltà che non mi fa sentire mai arrivato. Sono grato ogni volta che giro un film o una serie, già per il fatto di esserci. Del resto, io ero nelle piscine a insegnare nuoto. Poi mi sceglie Vanzina per un ruolo (in Piccolo grande amore, ndr) e mi trovo in un albergo a 5 stelle a Porto Cervo a girare al fianco di una donna bellissima. Da allora ho sempre sentito di dovermi guadagnare l’opportunità che mi era stata data».
Come mai «Piccolo grande amore» è stato un tale cult per almeno una generazione?
«Mancava l’elemento fiabesco nelle commedie di allora. La storia d’amore, il sogno romantico. Ringrazierò sempre Vanzina per avermi fatto fare quell’insegnante di wind surf. Lì ho capito che dovevo mettermi subito a studiare. Come uno sportivo che sa che tra quattro anni parteciperà alle Olimpiadi. Ho cercato di migliorarmi: all’inizio le critiche erano tantissime... piano piano ho tentato di attenuarle».
Se non l’attore, cosa avrebbe fatto?
«Mi vedevo in ambito sportivo, penso avrei fatto l’allenatore. Ero molto introverso e l’acqua non aiuta il tuo spirito di socializzazione. Sia con le ragazze che con gli amici da ragazzo ero piuttosto silenzioso e ancora adesso non sono quello che tiene banco in una tavolata. Ma lo sport mi ha aiutato nel farmi capire che è quando credi di avere una vittoria in tasca che cadi in errore: per questo mi impegno sempre molto in quello che faccio».
Ad agosto compirà 50 anni.
«Psicologicamente mi ha fatto più impressione avvicinarmi ai 49, sapevano di fine di un capitolo, oltre al fatto che sono stati — quelli tra i 48 e i 49 — i due anni più difficili della mia vita (ha perso entrambi i genitori, ndr). I 50 anni mi mettono euforia, sanno di ripartenza».
Il compleanno
Tra un po’ compirò 50 anni e sanno di ripartenza, i 49 mi hanno fatto più impressione