Un errore, ripensateci
Si metteranno d’accordo? Troveranno un’intesa? Questo è il calcio dei sultani, dei ricchi, dove le regole sono dettate dai soldi, fiumi di denaro che arrivano da lontano, da mesi e mesi di trattative, riunioni carbonare, voli privati che decollavano da Torino, Madrid, Londra.
I presidenti di Juve, Real Madrid, Manchester United decisamente più interessati a mettere le basi di un kolossal, quanto ad affari, che ai gol di Ronaldo, Benzema e Pogba. Una distrazione più pesante per la Juve visto che ci ha rimesso scudetto e Champions, mentre Real e United in Europa esistono e combattono ancora, eccome, ma arrivati a questo punto, alla creazione della Superlega (Super League la griffe internazionale), risultati, classifiche, merito sportivo vengono spazzati via, non contano nulla. Dodici società hanno creato il loro torneo, da nababbi del pallone, presto saliranno a 15, e non faranno fatica a toccare quota 20 perché là dove ci sono i soldi si corre. I primi a buttarsi sul bottino, lo sappiamo con certezza, sono i famelici procuratori che hanno già promesso ai magnati del calcio i loro campioni, chi se ne frega delle Nazionali, fa niente se Uefa & Fifa alleate minacciano di sbarrare le porte di Europei e Mondiali. Altre se ne apriranno.
Hanno deciso e fatto un campionato loro, privato, senza storia, senza lotta, senza sfida, senza qualificazioni, forse metteranno in palio cinque posti, un po’ come si fa alle giostre per chi ha la mira migliore. Questo non è sport, è un consiglio di amministrazione, un fondo, una banca. Pronta l’indignazione, la reazione di leader di governo come Mario Draghi, Boris Johnson, Emmanuel Macron, addirittura infastiditi e preoccupati dalla Superlega. Qui si uccide il gioco, lo sport, storie meravigliose che hanno emozionato il mondo: dicono nulla il Cagliari di Gigi Riva? E il Verona di Bagnoli? Storie lontane? No, sono eterne. Come segnano il tempo e abbattono i confini il Leicester di Ranieri, il Nottingham di Brian Clough, l’Atalanta di Gasperini. Aleksander Ceferin, presidente dell’Uefa, si ribella a un progetto simile, giustamente sostiene che sia un orrore. Lo è. Poi, come sempre c’è il coinvolgimento umano, le storie private, Ceferin si sente preso in giro, soprattutto da Andrea Agnelli. Parla di «tradimento»: credeva all’amicizia. Ci credevano anche in Lega calcio dove Agnelli, alla guida della commissione che trattava l’ingresso dei fondi, lavorava per seppellire il progetto che avrebbe dato nuove risorse al campionato di serie A: in testa aveva ben altro. Ceferin è alla guida di una istituzione internazionale che non è un ente di beneficenza. Un errore grave, gravissimo dell’Uefa, studiato a tavolino, progettato addirittura, è aver dato spazio, troppo, al business, a dispetto di regole, valori e sport. E con la stessa arma viene colpita e ferita.
Come finirà questa brutta storia chiamata guerra? Chi litiga ha sempre torto, non si è lucidi per trovare una soluzione. La miglior tattica è riflettere, far prevalere il pensiero sull’arroganza, fare un passo indietro e capire che lo sport ha bisogno sicuramente del portafoglio, ma soprattutto di cuore, tifosi, idee, passione e talento.