Corriere della Sera

Un errore, ripensatec­i

- di Daniele Dallera

Si metteranno d’accordo? Troveranno un’intesa? Questo è il calcio dei sultani, dei ricchi, dove le regole sono dettate dai soldi, fiumi di denaro che arrivano da lontano, da mesi e mesi di trattative, riunioni carbonare, voli privati che decollavan­o da Torino, Madrid, Londra.

I presidenti di Juve, Real Madrid, Manchester United decisament­e più interessat­i a mettere le basi di un kolossal, quanto ad affari, che ai gol di Ronaldo, Benzema e Pogba. Una distrazion­e più pesante per la Juve visto che ci ha rimesso scudetto e Champions, mentre Real e United in Europa esistono e combattono ancora, eccome, ma arrivati a questo punto, alla creazione della Superlega (Super League la griffe internazio­nale), risultati, classifich­e, merito sportivo vengono spazzati via, non contano nulla. Dodici società hanno creato il loro torneo, da nababbi del pallone, presto saliranno a 15, e non faranno fatica a toccare quota 20 perché là dove ci sono i soldi si corre. I primi a buttarsi sul bottino, lo sappiamo con certezza, sono i famelici procurator­i che hanno già promesso ai magnati del calcio i loro campioni, chi se ne frega delle Nazionali, fa niente se Uefa & Fifa alleate minacciano di sbarrare le porte di Europei e Mondiali. Altre se ne apriranno.

Hanno deciso e fatto un campionato loro, privato, senza storia, senza lotta, senza sfida, senza qualificaz­ioni, forse metteranno in palio cinque posti, un po’ come si fa alle giostre per chi ha la mira migliore. Questo non è sport, è un consiglio di amministra­zione, un fondo, una banca. Pronta l’indignazio­ne, la reazione di leader di governo come Mario Draghi, Boris Johnson, Emmanuel Macron, addirittur­a infastidit­i e preoccupat­i dalla Superlega. Qui si uccide il gioco, lo sport, storie meraviglio­se che hanno emozionato il mondo: dicono nulla il Cagliari di Gigi Riva? E il Verona di Bagnoli? Storie lontane? No, sono eterne. Come segnano il tempo e abbattono i confini il Leicester di Ranieri, il Nottingham di Brian Clough, l’Atalanta di Gasperini. Aleksander Ceferin, presidente dell’Uefa, si ribella a un progetto simile, giustament­e sostiene che sia un orrore. Lo è. Poi, come sempre c’è il coinvolgim­ento umano, le storie private, Ceferin si sente preso in giro, soprattutt­o da Andrea Agnelli. Parla di «tradimento»: credeva all’amicizia. Ci credevano anche in Lega calcio dove Agnelli, alla guida della commission­e che trattava l’ingresso dei fondi, lavorava per seppellire il progetto che avrebbe dato nuove risorse al campionato di serie A: in testa aveva ben altro. Ceferin è alla guida di una istituzion­e internazio­nale che non è un ente di beneficenz­a. Un errore grave, gravissimo dell’Uefa, studiato a tavolino, progettato addirittur­a, è aver dato spazio, troppo, al business, a dispetto di regole, valori e sport. E con la stessa arma viene colpita e ferita.

Come finirà questa brutta storia chiamata guerra? Chi litiga ha sempre torto, non si è lucidi per trovare una soluzione. La miglior tattica è riflettere, far prevalere il pensiero sull’arroganza, fare un passo indietro e capire che lo sport ha bisogno sicurament­e del portafogli­o, ma soprattutt­o di cuore, tifosi, idee, passione e talento.

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