Corriere della Sera

Dietro l’arringa scomposta l’insofferen­za del capo M5S per un’inchiesta che lo limita

L’indignazio­ne per i tempi lunghi dopo la gogna per i politici indagati

- di Marco Imarisio

Con tutta l’umana comprensio­ne dovuta all’evidente dolore di un padre, ma c’è poco da sbraitare. Era già successo altre volte di vedere Beppe Grillo così alterato. Nel biennio 2013-2014, al tempo delle prime espulsioni dei dissidenti, pubblicò una serie di video nei quali urlava frasi così sconnesse contro chi metteva in dubbio il suo diritto a decidere della sorte degli iscritti, che molti si chiesero se il futuro Elevato non fosse anche lui soggetto a inopinati sbalzi di umore.

Anche oggi la domanda è legittima. La sua scomposta difesa del figlio Ciro è quasi incommenta­bile, e molto pericolosa per i concetti che vi sono espressi. Grillo parla solo dal punto di vista dei presunti aggressori e non della vittima, alla quale riserva poche e sprezzanti parole sul ritardo nella denuncia, e sul fatto che il giorno dopo faceva surf, lasciando intendere che se taceva era meglio. Come se otto giorni o otto mesi cambiasser­o qualcosa, per un reato così aberrante.

L’ex comico sembra ignorare, e comunque non ha mai espresso al riguardo la medesima indignazio­ne, che l’ormai tristement­e celebre Alberto Genovese è stato denunciato a distanza di un mese dai fatti, e che ai tempi del #Metoo, giusto o sbagliato che fosse, negli Usa sono state processate e talvolta condannate persone in seguito a rivelazion­i di molestie avvenute vent’anni prima, trenta addirittur­a nel caso dell’attore Kevin Spacey.

Gli argomenti usati da Grillo a sostegno del figlio sono ambigui e permeati di un maschilism­o ottuso. Anche un uomo come lui, che vive in una bolla tutta sua, avrebbe potuto facilmente comprender­ne l’effetto boomerang che ne è derivato. Ma forse lo sapeva. E qui si arriva al punto. Perché ora, e perché in questo modo così scomposto. Lo sfogo di Grillo non è solo una arringa in difesa del figlio. È anche un messaggio rivolto a interlocut­ori neppure troppo misteriosi. L’inchiesta di Tempio Pausania grava da due anni su di lui. Nel senso che lo limita, gli impedisce il ritorno al teatro che tanto desidera anche per ragioni economiche, e soprattutt­o gli nega una partecipaz­ione più diretta al M5S, che negli ultimi tempi, dopo gli innumerevo­li addii e i repentini ritorni, ha scoperto essere l’unico proscenio che gli interessa e gli resta.

Grillo è convinto che l’inchiesta di Tempio Pausania e i suoi tempi così dilatati siano anche una operazione fatta per colpirlo, per metterlo in condizione di stallo. Nel mondo che ha creato, la cospirazio­ne e le teorie complottis­te sono sempre state di casa. Quando si ha una forma mentis del genere, le prove sono ovunque. Le rare volte in cui ha fatto cenno a questa vicenda con qualche parlamenta­re a lui vicino, il capo del M5S non ha fatto mistero di considerar­e una anomalia il fatto che i genitori della vittima siano rappresent­ati dall’avvocata Giulia Bongiorno, senatrice della Lega, molto ascoltata da Matteo Salvini. A voler trovare un senso nella sua furia, è in quel «allora arrestate me, non lui» che bisogna cercarlo. Non è solo un padre che si offre al posto del figlio, ma un capo politico che si rivolge ai suoi nemici, dicendo che ha capito il loro gioco, ora basta, non si farà più condiziona­re.

La furibonda invettiva ha anche questo segno di sfida. Dopo due anni trascorsi a macerarsi, a tacere anche su richiesta della propria famiglia, proprio dopo la conclusion­e delle indagini condotte dalla Procura sarda, Grillo ha voluto ribadire che, nonostante quella che lui considera una zavorra, c’è ancora. Come può ben testimonia­re Giuseppe Conte, al quale di recente ha imposto paletti ben piantati per delimitare i confini del Movimento che verrà.

Quel che è altrettant­o certo è che l’ex comico ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. La sua indignazio­ne per i tempi lunghi dell’inchiesta ha dell’incredibil­e, perché viene dall’uomo che ha plasmato il suo Movimento con il culto acritico della magistratu­ra e la gogna per i politici indagati, pazienza se quasi sempre costretti ad attese più lunghe di quella riservata a suo figlio. Anche per questo, nonostante la fatica che ci vuole, nel nome di una vera tolleranza, sarebbe giusto criticare le sue frasi senza fare ironie sul suo dolore. Proprio per non sottoporre Grillo al trattament­o crudele che Grillo ha riservato per anni a tutti gli altri.

Lo stallo

I sospetti del Garante che si sente in una condizione di stallo per la politica e il teatro

 ??  ?? Ultimogeni­to Ciro Grillo, 20 anni, è figlio di Beppe Grillo, 72, fondatore del M5S, e di Parvin Tadjik, 62, di origini iraniane, seconda moglie del comico genovese che in tutto ha quattro figli
Ultimogeni­to Ciro Grillo, 20 anni, è figlio di Beppe Grillo, 72, fondatore del M5S, e di Parvin Tadjik, 62, di origini iraniane, seconda moglie del comico genovese che in tutto ha quattro figli

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