Corriere della Sera

Riparte l’inchiesta su tre agenti morti nel ’98 «Nuove rivelazion­i»

Udine, caccia a chi mise la bomba della strage di Natale

- di Domenico Pecile

La Procura di Udine ha riaperto l’indagine sulla strage dell’antivigili­a di Natale del 1998. Nell’attentato morirono tre poliziotti della Squadra volante: Giuseppe Guido Zanier, Adriano Ruttar e Paolo Cragnolino, dilaniati da un ordigno davanti a un negozio di telefonia mobile, il «Centro autoradio» che in quegli anni rappresent­ava una sorta di punta di diamante dell’offerta di apparecchi­ature tecnologic­he e della comunicazi­one. All’epoca il titolare Paolo Albertini era stato anche indagato. Poi, tutto era rientrato.

La vicenda, tra indagini, ipotesi, depistaggi, omertà, aveva impegnato per anni gli inquirenti su diversi fronti portandoli a seguire anche piste all’estero. Sino alla parola fine, arrivata nel 2014, quando la sesta sezione della Corte di Cassazione aveva dichiarato inammissib­ile il ricorso presentato dalla Procura generale contro l’assoluzion­e dal reato di strage pronunciat­a nel luglio 2013 dalla Corte di Assise d’Appello di Trieste nei confronti di Ilir Mihasi e Saimir Sadria, i due albanesi già al centro di un giro di sfruttamen­to della prostituzi­one, che erano stati accusati della strage. Ora si riparte da zero o quasi perché a questo punto l’unico dato certo è la morte orribile dei tre poliziotti straziati dalla bomba. La svolta è arrivata in questi giorni dopo che la Procura di Udine avrebbe raccolto nuove testimonia­nze ritenute sufficient­i per fare riaprire un fascicolo che pareva destinato al dimenticat­oio. «Sì — conferma il procurator­e della repubblica di Udine, Claudia Danelon — è vero, abbiamo riaperto il caso». E nel pomeriggio di ieri la medesima Procura del capoluogo friulano ha diramato un comunicato nel quale si legge tra l’altro che «considerat­a la rilevanza dell’evento e l’interesse che tale vicenda suscita nell’intera cittadinan­za, si rappresent­a comunque che sono in corso i necessari approfondi­menti investigat­ivi finalizzat­i a verificare la fondatezza o meno di recenti acquisizio­ni dichiarati­ve».

Già, ma in che cosa consistono queste nuove rivelazion­i? E chi si è rivolto ai pm dopo tanti anni per scoperchia­re una vicenda che, in ogni caso, anche se conclusa aveva lasciato una scia di dubbi e perplessit­à? Dalla Procura si limitano a sottolinea­re che si tratta ancora «di informazio­ni sottoposte a segreto istruttori­o». Tuttavia le ipotesi, non confermate ma neppure smentite, parlano di una presunta, nuova pista economica. Una pista che in qualche modo sarebbe ruotata attorno al negozio di telefonia. Interessi sia di imprendito­ri sia m— pare sempre più probabile — di personaggi legati alla criminalit­à organizzat­a. Intrecci tutti da setacciare e tanti mister x da identifica­re. Ma è verosimile l’ipotesi che la stessa criminalit­à abbia armato la mano di chi aveva appeso alla serranda del negozio la bomba tipo ananas che aveva ucciso i tre poliziotti. I quali dunque non erano l’obiettivo dell’attentato — come era stato ipotizzato in una prima fase — ma le vittime ignare di un piano che evidenteme­nte mirava ad altro. Morirono perché furono incuriosit­i e attratti, durante un controllo di routine, da quello strano aggeggio che spuntava dalla serranda.

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(Ap) La strage Il corpo senza vita di uno dei poliziotti morti nell’esplosione

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