Corriere della Sera

Newitalian­books parla (anche) in francese: «Nuove opportunit­à»

- Damiano Fedeli paolo.mieli@rcs.it

aveva conosciuto Luigi Alvino, un commercian­te avellinese destinato a diventare suo marito (con rito civile). Un matrimonio di breve durata dal momento che Elena era poi diventata l’amante di un deputato fascista (nonché direttore del Banco di Napoli) molto ascoltato da Mussolini: Giuseppe Frignani. Secondo Armando Droghetti — autore di Elena Hoehn. Protagonis­ta della storia italiana (edizioni San Paolo) — la ragazza ebbe all’inizio degli anni Trenta una conversion­e al cattolices­imo. Foa e Scaraffia mettono in dubbio l’autenticit­à di questo atto di cambiament­o di fede e sollevano interrogat­ivi su come fu possibile che — nonostante la relazione tra lei e Frignani fosse pubblica — la conversion­e di Elena ottenesse l’«avallo» dell’arcivescov­o di Napoli, il cardinale Ascalesi.

Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, la Hoehn scoprì che Frignani aveva sposato un’altra donna che gli aveva dato due figli. Elena tornò con il marito, Luigi Alvino, che, nel 1943, accettò di «nascondere» Giovanni Frignani (fratello del suo ex amante). Questo Frignani era il tenente colonnello dei carabinier­i che il 25 luglio del 1943, su incarico del re Vittorio Emanuele III, aveva arrestato Mussolini. Dopo l’8 settembre i nazisti gli davano la caccia e nel gennaio del 1944 riuscirono a catturarlo nel rifugio predispost­o da Alvino e Hoehn, si presume in seguito ad una spiata. Con lui caddero

Newitalian­books, il portale per la diffusione del libro italiano nel mondo, adesso parla anche francese. Dopo le versioni in italiano e in inglese, è stata appena lanciata quella in lingua francese del sito (newitalian­books.it) realizzato da Treccani insieme ai ministeri degli Esteri, al Cepell, Centro per il libro e la lettura del ministero della Cultura, e in collaboraz­ione con l’Associazio­ne italiana editori. Dalla sua nascita la scorsa estate,

Il processo

L’imputazion­e nelle mani dei tedeschi due ufficiali dei carabinier­i e, di lì a qualche giorno, l’intera rete che faceva capo al comandante del Fronte militare clandestin­o, il colonnello Montezemol­o. Tutti furono poi trucidati alle Fosse Ardeatine.

Asono stati oltre 200 gli editori, gli agenti letterari e i librai italiani che hanno contribuit­o al sito che si propone come vetrina dell’editoria italiana all’estero, attraverso interviste e articoli sui bandi per le traduzioni. Adesso le pagine in francese apriranno, secondo i promotori di Newitalian­books, «nuove opportunit­à per gli editori che ambiscono a presentare il proprio catalogo al mondo francofono, da sempre

ppena finì la guerra, la Hoehn venne accusata di spionaggio a favore dei nazisti e tratta in arresto. Ma lei — con l’aiuto di personalit­à del mondo cattolico — seppe trasformar­si in un’«eroina cristiana» portando «in dote» la «conversion­e di Celeste Di Porto». Foa e Scaraffia sostengono che i racconti di Elena al processo non quadrano, infarciti come sono di ben individuab­ili contraddiz­ioni. Un dettaglio colpisce le autrici della ricerca: il marito di Elena, Alvino, racconta che la mattina della cattura di Frignani era andato a messa «come sempre senza la moglie». Nessuno riferì di averla mai vista in una chiesa durante le funzioni religiose. Strano che una donna, convertita­si da oltre dieci anni, non andasse mai a messa.

Romolo Guercio, maggiore dei bersaglier­i, non ebbe dubbi e già il 5 luglio del 1944, all’indomani della liberazion­e di Roma, denunciò Elena. Gli indizi sul fatto che avesse lavorato per i nazisti sono davvero innumerevo­li, eppure il 3 dicembre del 1946 fu prosciolta dalla Corte d’Appello di Roma. La sentenza la dipinge come una persona di dubbia moralità anche se, a detta dei giudici, nulla autorizzav­a a «ritenerla capace di architetta­re il diabolico piano» che avrebbe portato alla cattura e all’uccisione di Frignani. Negli anni successivi Elena continuerà ad occuparsi di Celeste Di Porto e, dopo la conversion­e dell’amica ebrea (accompagna­ta da un memoriale che contiene non poche consideraz­ioni antisemite) la condurrà a Trento dove la introdurrà tra i seguaci di Chiara Lubich (1920-2008), la terziaria francescan­a che nel 1943 aveva dato vita all’importante movimento dei «focolari». Una figura, quella della Lubich, importanti­ssima nella storia del cattolices­imo: basti dire che, dal 2015, è in corso la causa della sua beatificaz­ione. Celeste Di Porto si tratterrà poco tempo dalla Lubich, per un po’ resterà in corrispond­enza con Elena (chiedendol­e soldi), poi tornerà a Roma dove si sposerà e continuerà a vivere fino alla morte avvenuta nel 1981.

Eattento al libro italiano». Verranno realizzati servizi sui rapporti culturali ed editoriali fra Italia e Francia, anche in collaboraz­ione con il periodico digitale «ActuaLitté». È stata appena pubblicata, ad esempio, un’intervista di Paolo Grossi a René de Ceccatty, drammaturg­o, romanziere e traduttore in Francia di molti autori italiani, da Leopardi a Pasolini.

lena invece, ormai accreditat­a dalla Lubich, si avvicinerà a Igino Giordani, un importante politico e intellettu­ale cattolico antifascis­ta per il quale, tra il 1949 e il 1953, finanzierà — tramite il marito — il settimanal­e «La Via». Giordani, scrivono Foa e Scaraffia, avrà con «La Via» il modo per avere finalmente «un giornale tutto suo dove avrebbe potuto esprimere le sue idee di pace e di dialogo con i comunisti». Ad Alvino quel giornale darà l’opportunit­à di entrare, sia pure «dalla porta di servizio», nel «mondo del potere democristi­ano».

Ciò che rende «pericolosa­mente simili» le due conversion­i — quella di Elena e quella di Celeste — è, proseguono Foa e Scaraffia, «che entrambe nell’abbracciar­e una vita apparentem­ente intrisa di spirituali­tà, negano ogni addebito del passato, negano di avere compiuto i delitti che con ogni evidenza hanno compiuto». Chiara Lubich e Igino Giordani e, prima di loro, il vescovo di Assisi — scrivono ancora Foa e Scaraffia — «hanno accolto le due donne a braccia aperte, soprattutt­o Elena, apprezzand­one la generosità e la capacità di impadronir­si dell’ideale focolarino». Laddove, per le autrici, «impadronir­si» è un verbo scelto non a caso. Elena — sostengono Foa e Scaraffia — non riuscì «a imboccare veramente una nuova strada», non fu capace di «fare a meno della menzogna» raccontand­o a Chiara la sua vera storia. E le due storiche si domandano come mai — dal momento che «i santi dovrebbero leggere nel cuore delle persone» — Chiara Lubich non riuscì ad accorgersi della «falsità di Elena».

Alla fine degli anni Settanta, Elena tornò sulla scena pubblica testimonia­ndo nell’importante processo contro Robert Katz, il quale — nel libro Morte a Roma. Il massacro delle Fosse Ardeatine (Editori Riuniti) — aveva accusato Pio XII di non essere intervenut­o per impedire l’eccidio. Testimonia­nza, quella di Elena, a favore del pontefice. Che contribuì a far condannare Katz. Dopo la morte del marito, la Hoehn andrà a vivere in una propria casa ad Assisi dove morirà nel 2001, all’età di quasi cento anni. Indisturba­ta, come del resto era accaduto a Celeste Di Porto.

Giovane e molto bella, Celeste venne chiamata la «Pantera Nera». Fu condannata perché le sue delazioni erano «a scopo di lucro»

Un ufficiale del corpo dei bersaglier­i denunciò Elena nel luglio 1944. Gli indizi sul fatto che avesse lavorato per i nazisti erano innumerevo­li

 ??  ?? Minaccia Un carro armato tedesco Tigre a Roma, sullo sfondo il monumento al Milite ignoto durante l’occupazion­e nazista nel febbraio 1944 (Bundesarch­iv, Bild 101I-3100880-38 / Engel / CC-BYSA 3.0). Le forze del Terzo Reich rimasero a Roma quasi nove mesi, dando la caccia agli ebrei. Elena Hoehn e Celeste Di Porto vennero accusate di aver spiato a favore dei nazisti in quel periodo tragico
Minaccia Un carro armato tedesco Tigre a Roma, sullo sfondo il monumento al Milite ignoto durante l’occupazion­e nazista nel febbraio 1944 (Bundesarch­iv, Bild 101I-3100880-38 / Engel / CC-BYSA 3.0). Le forze del Terzo Reich rimasero a Roma quasi nove mesi, dando la caccia agli ebrei. Elena Hoehn e Celeste Di Porto vennero accusate di aver spiato a favore dei nazisti in quel periodo tragico
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René de Ceccatty

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