L’ARCA DELL’EMPATIA
Il progettista, che ha realizzato «United for progress», parla del futuro degli edifici: «La pandemia e la digitalizzazione ci insegnano che saranno i comportamenti a regolare i luoghi» E L’INSTALLAZIONE PER AUDI A MILANO «L’AUTO COME L’ARCHITETTURA: HA
Una forma curvilinea che ricorda il simbolo dell’infinito, integrata nel parco della Bam Biblioteca degli alberi. Così, a pochi passi da edifici che proiettano Milano nel futuro, si staglia un’installazione tutta di legno. «Una sorta di grande arca, empatica con il contesto pubblico inserito nella natura, dove si viene per incontrarsi, fare sport. Ho pensato a un luogo più intimo in cui potersi raccogliere. Oppure da usare come un piccolo teatro: sul palco c’è un’auto, che potrebbe poi lasciare il posto a un attore o a uno spettacolo per i bambini. Riportando al centro le persone e la cultura condivisa»: così l’architetto Mario Cucinella introduce l’installazione United for Progress, creata per Audi e diventata per un giorno teatro del lancio della nuova Audi Q4 etron, e che ora rimarrà nel paesaggio della Bam fino al 23 aprile, nel contesto della Interni Designer’s Week.
«Il mondo dell’automotive sta affrontando un cambiamento epocale. Il concetto di mobilità è cambiato, l’innovazione non è più nella forma ma in quello che non si vede: il minor consumo di energia nei processi produttivi, la riduzione di emissioni, l’utilizzo di componenti dal mondo del riciclo. Conta l’etica complessiva, a cui il mercato stesso ora guarda come a un valore. Riflessioni identiche a quelle in atto nel mondo dell’architettura», sintetizza Cucinella, di temi diventati protagonisti di un dibattito corale ma su cui lui è stato tra i primi a riflettere.
«La pandemia e l’esperienza della digitalizzazione hanno frantumato l’idea di un edificio legato a un’unica funzione. Sono i comportamenti a regolare i luoghi, più che la loro grandezza: la qualità degli spazi conterà molto più dello sfruttamento massimo dei metri quadrati». Il benessere delle persone sarà legato più strettamente agli edifici, sostiene, a patto che siano di valore. Un esempio forte sono le scuole: «Siamo un paese di grandi educatori, peccato che l’architettura degli edifici scolastici sia ferma al concetto di infrastruttura — commenta —. Invece una scuola dovrebbe essere progettata per dire ai ragazzi “io mi prendo cura di te”. Proponendosi in modo attraente: piena di luce naturale, colore, materiali innovativi, design». E cita il nuovo complesso scolastico a Montebelluna, suo progetto in corso: «Nessun corridoio ma spazi aperti che diventano laboratori di arte, scienze, affacciati verso il giardino. Capaci di introdurre alla bellezza chi magari non è ancora abituato a vederla». Ambito ancora più complesso e delicato, gli ospedali. Dalla Città della Salute e della Ricerca di Sesto San Giovanni al Nuovo Ospedale del Sud Salento, sue architetture in corso, il tema è rendere più umano un luogo emotivamente difficile. «Disporre di una piazza, di un’edicola, un ristorante, dei giardini, accanto all’accoglienza e agli ambulatori, inserisce l’ospedale nella quotidianità, ribadendo la sua appartenenza alla vita». Quindi, cure anche «psicologiche» perché i malati disporranno di aree «domestiche» dove accogliere i familiari e fare decompressione: «È un gesto di rispetto. Curare significa anche offrire luoghi che non siano sentiti come ostili».
A pochi passi da United for progress sta sorgendo la torre Unipol, firmata anch’essa Cu
Strutture poco umane Serve ripensare scuole e ospedali: non si può educare e curare in edifici percepiti come ostili
cinella: i due lavori uniti da un filo invisibile che parla di qualità del design e sostenibilità. «Aver portato la torre a compimento quest’anno, per me rappresenta un atto di resilienza. La vedo come un simbolo del progettare italiano: la cura di ogni più minuto dettaglio concorre a dare un senso di bellezza complessivo. Un design totale. Molto milanese», Cucinella sorride guardando la torre che, non è difficile immaginarlo, potrebbe diventare un simbolo dell’architettura post Covid: «Quando sarà ultimata, sarà giusto chiedersi se avrà ancora senso pensarla piena di persone. Oppure se non sarà più giusto usarla per una narrazione sul nuovo ufficio, visto come parte della vita che verrà». In un dialogo con la città e i suoi attori – che siano architetture «fisse» o in movimento – perché contribuiscano, tutti insieme, a un mondo migliore.