Il medico e il guru Morta la paziente
Genova, i due uomini arrestati per omicidio sono accusati anche di violenza sessuale
I dolori lancinanti, il gonfiore ai linfonodi, la forza che la abbandona e quelle sedute di meditazione che «non migliorano la situazione: io lotto, ma si vede che deve andare così». L’agonia è durata due anni, come testimoniano i messaggi che scriveva quasi ogni giorno, cercando aiuto, alle due persone a cui si era affidata. Gli stessi che pochi giorni prima dal decesso le raccomandavano di non comunicare ai medici dell’ospedale di Genova chi le avesse asportato un neo sanguinante dalla schiena, nell’ottobre 2018, sul tavolo da cucina di un centro olistico nei colli di Chiavari, e consigliandole di rifiutare una trasfusione.
Roberta Repetto è morta a 40 anni il 9 ottobre scorso per un melanoma in metastasi. Su ordinanza del gip di Genova, Paola Faggioni, in carcere per omicidio volontario con dolo eventuale sono finiti il «maestro spirituale» Vincenzo Bendinelli, fondatore del centro olistico Anidra di Borzonasca (Genova), e Paolo Oneda, dirigente di chirurgia generale dell’ospedale di Manerbio (Brescia) e socio del centro. Sono indagati anche per violenza sessuale e circonvenzione di incapace, accusa di cui risponde la psicologa bresciana Paola Dora, compagna del chirurgo.
Scrive il gip di un neo asportato «in ambiente non ospedalizzato, in condizioni del tutto inadeguate, senza anestesia e senza alcun esame istologico successivo, quindi senza consentire alcuna diagnosi precoce di melanoma e possibili terapie». Perché se fosse stata operata e curata, ne è certo il pm Gabriella Dotto, Roberta non sarebbe morta. Invece, stando alle indagini, il tumore avrebbe dovuto combatterlo a suon di tisane, impacchi e meditazione. O immergendosi nel fiume che scorre vicino al centro olistico dove lei, figlia dell’ex sindaco di Chiavari, si era trasferita.
L’inchiesta sulla sua morte si incrocia con una denuncia depositata nel 2019 dai genitori di un’altra ragazza bresciana, ospite di Anidra, che sarebbe stata obbligata a rapporti sessuali con Bendinelli e i suoi collaboratori. L’agonia di Roberta sarebbe partita dall’intervento, spacciato per «tappa del suo percorso di purificazione». Si sentiva debole, affaticata, in colpa se sgarrava la dieta: un linfonodo aveva iniziato a gonfiarsi nella primavera 2019, il secondo nel febbraio 2020. Bendinelli e Oneda, diventato il suo medico, avrebbero «omesso di rappresentare i rischi connessi all’asportazione del neo e di indirizzarla a esami specialistici». Anzi, «dì ai medici che ti è stato tolto perché ti grattavi e sanguinava e non hai voluto fare l’istologico» suggerisce Oneda.
«Roberta era brillante, in gamba — dicono i genitori —. Vorremmo che questo servisse perché a nessun altra succeda qualcosa di simile».