«Ma lo sport non si fa per i soldi I bimbi tornino a fare le capriole»
La sottosegretaria Vezzali: «Lacune a scuola, serve un piano per gli impianti»
Prima domanda, Valentina Vezzali: le piace il progetto della Superlega? «Io sognavo di vincere ai Giochi. Ce l’ho fatta e sono arrivati i guadagni. Ma i genitori mi avevano indirizzato alla scherma non per i successi ma perché crescessi in un ambiente sano. Oggi gli input sono sbagliati: conta il denaro, non il merito. Ma il denaro deve essere una conseguenza del valore».
Ore 9, la sottosegretaria con delega allo sport, tri-campionessa olimpica nel fioretto, ha già l’agenda fitta di impegni. Ma predomina l’ultima «grana», per risolvere la quale Lady Scherma auspica «un aiuto della politica, se i problemi non svaniranno, e un summit tra i responsabili europei dello sport». Comincia da qui una lunga chiacchierata, comprensiva di un’idea curiosa («Nelle scuole farei suonare l’inno di Mameli: i bambini non lo conoscono») e di un concetto generale: «Fare sport è imparare un modo di comportarsi».
Restiamo alla Superlega: qui i soldi prevalgono.
«Lo sport deve avere altre finalità. Sia i grandi sia i piccoli club possono offrire spettacolo. E sono le squadre minori che permettono ai giovani di sognare di diventare Cristiano Ronaldo».
E più facile salire in pedana o stare a questa scrivania?
«Non è semplice in entrambi i casi. Ezio Triccoli, maestro di scherma e vita, mi ha spiegato che con il lavoro ogni traguardo è possibile».
Ci racconta la chiamata di Mario Draghi?
«È arrivata dopo un’intervista nella quale auspicavo che il governo si occupasse dello sport di base. Mi ha chiesto di far parte della sua squadra: conosceva tutto di me e, mi ha confermato il presidente Mattarella, ha fiducia. Ne sono onorata».
La politica è un animale particolare. Valentina Vezzali si sente libera di agire?
«La politica è servire il Paese. Devo dare risposte a un mondo che nella pandemia ha pagato un prezzo alto».
Mario Monti l’ha avviata alla politica, ma poi Scelta Civica è sparita.
«Nel 2013 mi aveva convinto con il suo progetto: se credo in qualcosa, ci metto la faccia. Nel 2018 non mi sono riconosciuta in nessun partito e sono tornata nella scherma, lavorando con la Polizia e con una federazione che è un gioiellino da imitare».
Da parlamentare ha denunciato che l’Italia difetta di cultura sportiva.
«È un problema irrisolto, soprattutto nella scuola».
Un male atavico...
«Nel 1980, in I elementare, ero l’unica bambina che praticava sport. E la maestra sosteneva che mi facesse male».
Nel 2020 magari non è più così, però le lacune restano.
«Non è possibile che i ragazzi non sappiano fare una capriola e che non ci sia un insegnante di Scienze Motorie nella scuola primaria. La pecca più grave? Gli impianti: senza un piano dedicato non si va da nessuna parte».
Esiste un modello da seguire per scuola e sport?
«Forse quello americano, però da ‘italianizzare’. L’importante è tutelare chi decide di fare sport e di studiare».
Lei auspica anche più sport sul posto di lavoro.
«Occorrono palestre nelle aziende: lo sport libera la mente e fa rendere di più».
Ha una road map?
«La priorità è riaprire palestre, piscine, impianti. Poi vanno definite le competenze tra Coni e Sport e Salute: serve unità».
Coni e Sport e Salute non vanno d’accordo.
«Nei Dream Team del fioretto ci sono state frizioni. Ma quando si trattava di far vincere l’Italia ci compattavamo».
Rivedremo presto i tifosi in tribuna?
«La riapertura graduale va in questa direzione».
A livello personale come ha vissuto la pandemia?
«Ho due figli: Andrea ha 7 anni, ma il maggiore, Pietro, è un adolescente di 15 che non ha vissuto il periodo più bello, quello della prima socializzazione».
I giovani sono vittime...
«Pietro ha fatto mesi senza andare a scuola, in un anno è ingrassato. Era socievole, ora si è isolato. Un’indagine ha stabilito che un giovane su due ha un disagio psicologico: lo sport deve aiutare i ragazzi a tornare a muoversi e a staccarsi da telefonini e playstation».
I Giochi di Tokyo: è bene che si tengano, pur con limitazioni?
«Gli atleti hanno già sofferto per il rinvio: non spegniamo il sogno».
Da parlamentare ha avuto il 63% di presenze, con vari disegni di legge. Eppure fu criticata: leviamo qualche sasso dalla scarpa?
«No. Le critiche, se costruttive, vanno accettate: portano a chiederti che cosa hai sbagliato».
Lei ammetteva che a volte in pedana aveva paura. Nella nuova esperienza teme qualcosa?
«La paura è umana, ma va trasformata in grinta. Tanti si aspettano molto da me, sono felice della stima di Federica Pellegrini. Più che paura sento responsabilità».
Tornerà a legarsi a un partito?
«Ora sono una ‘tecnica’, con una missione da compiere».
L’esempio del figlio
I giovani sono vittime, mio figlio Pietro a 15 anni stando fermo è ingrassato e si è isolato; l’attività fisica li può aiutare
Nuova esperienza
Più facile la scherma o la politica? Nessuna delle due, sento la responsabilità. Ora Coni e Sport e Salute devono lavorare assieme