CRESCE IL RISCHIO DI COMPLICARE L’ALLEANZA CON LA SINISTRA
Alla fine l’ex premier grillino Giuseppe Conte ha parlato. Ma dalla sua prosa contorta non si capisce bene se lo abbia fatto per giustificare Beppe Grillo o per criticarlo, dopo l’aggressione scomposta alla magistratura sul processo al figlio. Si conferma un imbarazzo profondo: quello di una forza politica costretta a rendersi conto di avere un guru logorato e imprevedibile; di fatto, tanto arrogante quanto inaffidabile. Ma se il tema condiziona il M5S, tocca altrettanto un Pd che sulla regìa di Grillo sta costruendo le alleanze elettorali. Le reazioni sdegnate contro il garante non possono velare il tema che le sue parole sgangherate contro i giudici pongono. E cioè se sia possibile investire su un rapporto col M5S non solo acefalo ma screditato dalle parole in libertà di chi ha caldeggiato l’accordo di potere col Pd. Conte si sta proponendo come nuovo leader, e le parole calibrate di ieri sembrano fatte per venire incontro al partito di Enrico Letta. Il tema è come
L’imbarazzo
Un Partito democratico che ha puntato molto sulle donne si ritrova con un alleato in imbarazzo e in contraddizione
dissociarsi da Grillo, archiviare l’incidente e andare avanti. Il primo passo, seppure faticoso, è stato fatto: era obbligato. Gli altri due, invece, si rivelano più complicati. Intanto, perché l’attacco ai giudici e soprattutto il modo in cui è stato sferrato sono indifendibili e vengono usati dal resto dei partiti con una durezza inevitabile: qualcosa che colpendo il M5S punta a mettere in mora l’intesa col Pd. In più, l’esitazione di Conte ha reso scivolosa la sponda che il centrosinistra cerca in vista del voto nelle grandi città. Il vicesegretario del Pd, Beppe Provenzano, ieri ha provato a indicare all’alleato una via d’uscita. «Il M5S acceleri la transizione e con la guida di Conte abbracci garanzie e principi dello Stato di diritto», ha detto. In realtà, l’ex premier esalta «la sensibilità di Grillo», oltre a difendere l’autonomia della magistratura e la «lotta contro la violenza sulle donne». Quanto ai valori invocati, si rafforza il sospetto che siano stati branditi in modo manicheo e strumentale. E questo accentua la distanza culturale, prima che politica, tra M5S e Pd, ridimensionata sull’altare della loro alleanza. Rimangono le parole rassegnate dell’ex segretario Nicola Zingaretti, per il quale Grillo ha scelto «un bruttissimo modo, purtroppo, per affrontare un tema privato». Con un’ ultima e poco sottolineata implicazione. La nuova leadership del Pd si è legittimata insistendo sul ruolo femminile; e martellando contro una cultura maschilista. Ora, invece, si potrebbe ritrovare a trattare con un personaggio in contraddizione con tutta questa narrativa. Il risultato è che il dialogo tra M5S e Pd rischia di trasformarsi in un incontro tra due debolezze.