Laschet candidato alla cancelleria Un figlio di minatori per il dopo Merkel
La scelta della Cdu: ma è debole nei sondaggi
Alla fine Armin Laschet ce l’ha fatta. Al termine di una riunione fiume protrattasi per oltre 6 ore, la direzione cristiano-democratica ha votato a maggioranza in favore del suo presidente e premier del Nord-Reno Vestfalia. Sarà lui il candidato cancelliere della Cdu-Csu alle elezioni del prossimo settembre. Il premier bavarese Markus Söder, che fino all’ultimo gli ha conteso la nomina, ha fatto ieri mattina il passo indietro: «Il dado è tratto. Mi sono congratulato con lui».
Laschet è stato votato da 31 dei 46 membri della direzione, 9 si sono espressi per Söder e 6 si sono astenuti. È un risultato netto, ma che tradisce tutti i dubbi e le perplessità del partito sulla forza di una candidatura, che non ha mai convinto nessuno e che soprattutto non ha il favore popolare. Ancora peggio, la scelta chiude una settimana di lotta senza quartiere tra i due contendenti, che ha svelato un fronte conservatore diviso, incerto e quasi in preda al panico di fronte alla prospettiva reale di perdere la guida della Germania, dopo i sedici anni della cancelliera Merkel. Il caos interno rispecchia infatti il crollo nelle preferenze dei tedeschi, dove in poco più di un mese la CduCsu è passata dal 38% al 27% delle intenzioni di voto. Di più, l’Unione deve fare i conti con i Verdi, che con Annalena Baerbock hanno nominato lunedì la più giovane candidata di sempre alla cancelleria, lanciando una sfida credibile e ambiziosa alla direzione del Paese. Armin Laschet ha tutte le carte in regola per puntare alla cancelleria. Ha 60 anni, è figlio di un minatore, è cattolico, si è laureato in legge ed ha una lunga esperienza politica: è stato infatti deputato al Bundestag e al Parlamento europeo, ministro regionale dell’Integrazione e dal 2017 premier del Nord Reno-Vestfalia, il più grande dei Land tedeschi. Eletto in gennaio presidente della Cdu, ha promesso di continuare la linea moderata e centrista di Angela Merkel. Di suo ci ha messo un europeismo passionale e incondizionato, che solo chi come lui è nato ad Aquisgrana ha nel suo Dna.
Ma Laschet ha un problema. I suoi sondaggi non sono buoni e la base del partito teme che con lui la Cdu-Csu vada incontro a una sicura sconfitta. La sua popolarità ha sofferto sia per un’assoluta mancanza di carisma, che per una gestione della pandemia nel suo Land erratica e costellata di errori. Rovinose per lui sono state anche le critiche pubbliche, rivoltegli in un talk show televisivo dalla cancelliera Merkel, che lo ha accusato (insieme ad altri) di non applicare le regole restrittive per la lotta al Coronavirus concordate tra i Länder e il governo federale. Per questo nei mesi scorsi, era emersa l’ipotesi di candidare il carismatico Söder, leader della Csu, piccola sorella bavarese della Cdu, che è addirittura davanti ad Angela Merkel nelle preferenze dei tedeschi.
Nelle sue prime dichiarazioni, Laschet ha promesso una campagna elettorale all’insegna del cambiamento e dell’innovazione: «Non potremo più semplicemente andare avanti come prima. Questo Paese deve diventare migliore, più veloce e più moderno». Ma il compito più difficile che ha davanti a sé il candidato della Cdu-Csu è convincere l’Unione di aver fatto la cosa giusta, ricompattarla e mobilitarla per respingere l’assalto dei Verdi. Come ha riconosciuto lo sconfitto Markus Söder, «solo una Cdu-Csu unita può avere successo».