QUOTA ROSA, UN BRUTTO NOME PER INDICARE UNA COSA NECESSARIA
Caro Aldo, da più parti si lamenta, credo a ragione, l’ eccesso di maschilismo nella politica italiana ma è un dato di fatto che la componente femminile rivela, a ogni occasione, una sostanziale incapacità di ritrovarsi intorno a una candidatura unitaria. È accaduto di recente al momento di discutere per la segreteria del Pd e lo stesso tema si è ripresentato con la querelle tra Madia e Serracchiani, sempre tra le fila del Pd a proposito della nomina a capogruppo in Parlamento. Ma non credo sia questione che riguardi solo la sinistra. A mia memoria le «quote rosa» non hanno mai espresso una candidata comune da contrapporre a un nome maschile per una delle cariche in ballottaggio. Se così è, a cosa è dovuto secondo lei ?
Leonardo Pace, Potenza
Caro Leonardo,
Non c’è dubbio che la mancanza di solidarietà femminile, non solo in politica, rappresenti un ostacolo all’ascesa delle donne. Non c’è nulla di più facile che mettere una donna contro l’altra; questo gli uomini lo sanno benissimo, ed esercitano l’arte da secoli.
Però non è tutto lì. L’Italia resta un Paese maschilista. «Quote rosa» è un’espressione orribile, che indica un meccanismo tuttora necessario. Certo, l’ideale sarà un mondo in cui non si guarderà più se il capufficio o il capo dello Stato è uomo o donna, se è bello o brutto, se è elegante o sciatto; si guarderà se è capace o incapace, se è onesto o disonesto; e ogni persona sarà giudicata per ciò che è. Ma quel momento non è ancora arrivato; o comunque non in Italia.
Eppure grandi passi in avanti sono stati fatti; anche in politica. Ricordo una visita di Berlusconi premier negli Stati Uniti. Rivolto a una platea di imprenditori disse: «Venite in Italia, dove abbiamo le segretarie più belle». Almeno un terzo dell’uditorio era composto da donne, che magari avevano assistenti uomini. Da allora qualcosa nella politica italiana è accaduta. Certo, manca ancora l’ultimo passo: non abbiamo mai avuto una donna presidente del Consiglio o presidente della Repubblica. E i consigli d’amministrazione delle aziende quotate si sono aperti alle donne perché c’è una legge che prevede una famigerata «quota rosa». Troviamole un altro nome; ma non trascuriamone la necessità. Anche perché le donne non sono il contrario degli uomini, non sono altro rispetto a noi; sono le nostre madri, sorelle, compagne, figlie; senza di loro, gli uomini non combinerebbero nulla, non varrebbero nulla, non sarebbero nulla.