«Didone ed Enea»: magica miscela di canto per l’opera con scene e costumi senza tempo
Tra le decine e decine di allestimenti d’opera prodotti in questi mesi di pandemia, quasi tutti disponibili in rete, rischia di passare inosservata l’edizione di Didone ed Enea della Fondazione Arena, sul sito arenatv. È tutt’altro che produzione impeccabile del capolavoro di Henry Purcell: posizionato nei palchi alle spalle del direttore, il coro non è e non può essere perfettamente sul tempo; la voce della peraltro ottima protagonista Josè Maria Lo Monaco è troppo vibrata per questo repertorio; l’Enea di Renato Dolcini è corretto ma non un mostro di personalità. Eppure questo Dido and Aeneas si distingue. L’opera non si esegue mai abbastanza per il capolavoro che è, magica miscela di canto, danze e cori di tale ispirazione che si vorrebbe che durasse il doppio. Contiene peraltro il più bel lamento, forse, della storia dell’opera: puro incanto, commozione. Ottima poi è la concertazione di Giulio Prandi, che è saggio nel dettare un passo più morbido di quello dei filologi radicali eppure vivo, senza buchi di tensione. Eccede forse quando allarga oltremodo il tempo nello sconvolgente finale ma è vezzo che gli si concede, come se quella pagina fosse già in una dimensione di nostalgia. Convince molto la messinscena di Stefano Monti, adattamento di uno spettacolo di prima della pandemia agli standard attuali. Il suo bello è che nel garantire le distanze e nello sfruttare gli spazi del Filarmonico (non solo il palcoscenico) non cede alle lusinghe dello snaturante linguaggio televisivo ma si rivela anzi teatralissimo. Scene e costumi senza tempo e gestualità neutra per alludere, ma senza intenti dimostrativi, ai temi della condizione femminile, dell’esule, dell’Europa mai veramente unita. E un plauso particolare alla bella prova di Maria Grazia Schiavo, che di Belinda sa manifestare ottimamente i tratti di empatia, discrezione e non esibita sensualità.