«I bimbi, l’Uganda: il nostro ospedale»
Inaugurato il nuovo polo pediatrico di Emergency. L’opera gratuita dell’archistar
Il coraggio di Emergency e la mano di Renzo Piano. Dietro l’ultimo sogno umanitario di Gino Strada c’è un ospedale in Uganda con il primo bambino operato per una malformazione cardiaca: sta bene, sorride, è felice. La solidarietà che attraversa il mondo, aggiunge qualcosa di bello a un luogo di cura sull’altopiano del lago Vittoria, nell’Africa equatoriale, dove la povertà spesso uccide anche la speranza. Scandalosamente bello, perché nelle periferie del mondo la bellezza è sempre qualcosa di raro e perché questa tre anni fa era la sfida.
«Quando Gino Strada mi ha chiesto di aiutarlo a costruire un ospedale per i bambini la mia risposta è stata: come lo vuoi? Scandalosamente bello, ha detto. E così mi ha convinto».
Sorride via Skype il fondatore di Emergency. «Tra noi è nata subito un’intesa su come deve essere un ospedale: deve curare, deve essere ospitale, deve dare conforto e speranza, perché trovarsi in un bel posto ha anche un valore terapeutico».
Viene da un incontro e da storie condivise sull’eccellenza della salute, che deve essere un bene pubblico, gratuito e a disposizione di tutti, il centro pediatrico di Entebbe, operativo da pochi giorni. Renzo Piano ci ha lavorato con la passione che mette in ogni progetto, anzi, con qualcosa di più, avverte.
«Con Gino Strada abbiamo trovato un’affinità sul significato di questo intervento: oltre all’approccio etico e sociale si è cercato di rappresentare la generosità con l’eccellenza». Il risultato è straordinario, secondo il fondatore di Emergency. «La bellezza aggiunge valore all’intervento umanitario in zone dove gli ospedali sono maltenuti, sporchi, a volte mancano persino le lenzuola…».
Eccolo adesso il centro pediatrico che mancava al centro dell’Africa, piantato sull’argilla rossa a due passi dal lago Vittoria, con i muri della terra di scavo usati come materiale da costruzione, «spessi 60 centimetri come le vecchie case di campagna, fatti per proteggersi dal caldo di giorno e disperdere il calore di notte», spiega Piano. Sul tetto, fatto di 2.600 pannelli solari che all’equatore catturano facilmente l’energia del sole, c’è una specie di cappello: un po’ come quello che si porta per difendersi dal caldo. «In questo caso è una protezione necessaria che permette all’acqua di non scivolare sui muri d’argilla». Fuori, un grande giardino con 300 alberi: oggi ci sono i fiori di giacaranda. Dentro, 75 posti letto, tre sale operatorie, la terapia intensiva, le sale per la formazione del personale. «L’idea geniale di Renzo è stata quella di rispettare il posto valorizzando tutto quanto è locale», dice Strada. «La pensiamo allo stesso modo sull’Africa: non dobbiamo portare il pesce ma insegnare a pescare», spiega Piano.
Emergency è una macchina che trasforma la generosità in progetti concreti e cresce con la solidarietà della gente: grandi e piccoli donatori che vedono realizzati i frutti delle loro offerte. L’ospedale dei bambini nasce in un Paese dove da 37 anni governa Yoweri Museveni, dove il 40 per cento della popolazione ha meno di 15 anni e dove si muore oltre che per le guerre e la malaria, per mancanza di cure mediche, come conferma il rapporto dei ministri della Salute africani. «L’ospedale dei bambini è una risposta all’emergenza», riassume Rossella Miccio, presidente di Emergency, che si sente privilegiata per lavorare da 21 anni nella fondazione che aiuta a vivere i più sfortunati del mondo. «Siamo entusiasti di quel che è stato fatto, questo può essere un modello per il futuro».
«La gratuità è uno dei cardini di questo ospedale», ricorda Gino Strada. «In questi anni la sanità è diventata bene di consumo, come al supermarket. Non è questa la mia idea di medicina e di cura». Non è nemmeno quella di
Piano, gia al lavoro per realizzare altri ospedali, in Francia e in Grecia. «Oggi gli ospedali sono una risposta al bisogno di umanità che si avverte da ogni parte del mondo. Lo ha dimostrato la pandemia che ci perseguita da più di un anno. Nell’ospedale si trova un senso a tutto e insieme all’efficienza medica c’è una nuova dimensione da trovare, fatta di speranze, desideri, sogni, aspirazioni, bellezza. Ci meritiamo questo, lo meritano quelli più sfortunati di noi, ai quali Gino Strada manda segnali di solidarietà e di aiuto».
L’amicizia tra Gino Strada e Renzo Piano è una storia nella storia. Fino a sei anni fa, non si conoscevano di persona. Quando è morta Teresa, la moglie di Strada, l’architetto gli ha scritto una lettera. «È stato qualcosa di istintivo. Anche senza conoscere direttamente una persona ci sono affinità che prima o poi si manifestano». Gino Strada gli ha telefonato a Parigi. Ai ringraziamenti sono seguite altre conversazioni. Per due anni non si sono visti. Uno viaggiava per il mondo. L’altro anche. Poi la proposta di lavorare con i medici di frontiera, e di progettare un ospedale per i bambini. Adesione incondizionata di Piano. E gratuita.
«Gli ospedali son luogo di rinascita, di umanità e di rispetto», dice Piano. In Uganda, all’inizio erano increduli: «I primi pazienti quando vedono un luogo così bello si preoccupano e chiedono quanto costa una visita, un intervento», aggiunge Strada. Al Children Surgical’s Hospital lui sogna che possa entrare anche un bambino bisognoso di cure da Boston o da un’altra parte della terra. «Noi apriamo le porte a tutti, senza chiedere niente. La salute deve essere gratuita». Il bello e il buono non si misurano in termini di luoghi, è l’opinione di Piano. «Quel che è bello quasi sempre è anche buono».