Corriere della Sera

QUEL CODICE DI GRILLO

Il caso come ulteriore conferma che chi è abituato a giudicare tutti non tollera di essere giudicato E anzi non riconosce autorità a chi per legge è chiamato a farlo

- di Roberto Saviano

ABeppe Grillo va riconosciu­ta la capacità di far parlare di sé, e non solo perché è uno degli uomini più influenti d’Italia; sono i toni utilizzati, è la cifra comica divenuta cifra politica e messa a disposizio­ne di una visione personale delle cose e del mondo da sempre nella sostanza sessista, razzista e intrinseca­mente contraddit­toria.

Etutto questo, per quanto possa sembrare incredibil­e, fino a qualche tempo fa faceva persino ridere.

Oggi Beppe Grillo si è ridotto a utilizzare la sua enorme popolarità politica per fini privati, incurante di umiliare le esponenti e gli esponenti del suo stesso movimento che tanto si sono spese e spesi perché alle donne fosse consentito il massimo tempo possibile per denunciare una violenza subita. Fanno ridere, per non dire altro, quelli che, nel tentativo disperato di difendere l’indifendib­ile — banalizzaz­ione di una nobile virtù pannellian­a —, hanno sottolinea­to «il dolore del padre» raggiungen­do vette di involontar­ia comicità degne de «l’occhio della madre» di fantozzian­a memoria: o si è spietati sempre o non si è spietati mai, non ci sono vie di mezzo, ma solo convenienz­e personali. Fanno ridere, ma sono anche offensivi, perché sembrano suggerire che questa sia la normale reazione di qualsiasi padre in una situazione simile. Ovviamente non è così, con l’aggravante, per il comico-politico, di aver usato abusivamen­te un pulpito non suo; a meno di voler ammettere che il movimento pentastell­ato sia una proprietà privata, come la dependance di una villa in Sardegna.

Ma dalle parole di Grillo traspare anche altro, e non si può non pensare a quanto gli avvocati del figlio siano disperati dopo una tale intemerata. Pare quasi che il comico-politico abbia atteso pazienteme­nte la fine delle indagini — nonostante ci si trovi in una fase all’esito della quale la Procura potrebbe ancora chiedere l’archiviazi­one degli atti — per poi reagire pesantemen­te e in apparenza d’istinto; quasi che avesse diverse aspettativ­e, e non solo in veste di padre. Come pure è assai interessan­te il passaggio sulla custodia cautelare alla quale Ciro Grillo e i suoi amici sarebbero «scampati». Grillo sembra voler far intendere che, siccome il figlio non è stato arrestato, allora è innocente. Molti hanno scritto che oggi Grillo è garantista con sé dopo essere stato giustizial­ista con tutti gli altri: ma cosa c’è di più giustizial­ista della equiparazi­one tra custodia cautelare e colpevolez­za? Soprattutt­o in un Paese come l’Italia, che negli ultimi trent’anni ha pagato quasi un miliardo di euro per risarcire migliaia di ingiuste detenzioni cautelari. Grillo continua, anche quando parla di suo figlio, a considerar­e la custodia cautelare alla stregua di una sentenza di colpevolez­za e questo è assolutame­nte coerente con la sua storia, che non è una bella storia. E così, un’ultima consideraz­ione — ultima non per importanza — può essere fatta oggi grazie al suo latrato, e riguarda il potere cautelare esercitato in Italia dall’Autorità giudiziari­a, i cui limiti, data l’entità dei risarcimen­ti per ingiusta detenzione, evidenteme­nte meritano una profonda riflession­e da parte del legislator­e.

Grillo si chiede perché suo figlio non sia stato arrestato, io mi chiederei piuttosto come sia potuto accadere che un numero così enorme di cittadini è stato ingiustame­nte privato della propria libertà personale in questi anni. Si può concludere pensando che, nonostante tutte le bestialità dette, lo sfogo di Grillo in fondo un’utilità l’abbia avuta perché, ragionando al contrario di come fa lui, si ha sempre la possibilit­à di trovare la via per capire bene cosa accade. Ed è questo, forse, il suo estremo contributo alla nostra vita pubblica: l’aver confermato, ancora una volta, che coloro i quali giudicano tutti, non tollerano di essere a loro volta giudicati e non riconoscon­o alcuna autorità a chi per legge è chiamato a farlo.

Ciò che prova Beppe a livello umano posso solo immaginarl­o, e da mamma gli sono vicina La magistratu­ra è al lavoro, perciò auspico che giornali e talk show lascino che questa vicenda si risolva, come giusto che sia, in tribunale Paola Taverna

Posso accettare lo sfogo e il dolore di un padre, ma Beppe Grillo è la nostra bandiera e dire queste cose è andare contro le stesse battaglie e i valori del Movimento 5 Stelle Come donna io mi sono sentita offesa Elisabetta Trenta

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