Corriere della Sera

Un grande patto per ricostruir­e

Diamo strumenti a imprese e lavoratori . Salvini? Decida da che parte sta

- di Enrico Letta

La parola «riaperture» è la più abusata in questi giorni. Riaperture in sicurezza e irreversib­ili, meglio specificar­e, considerat­a la situazione sanitaria ancora precaria e le tensioni conflagrat­e ieri in Consiglio dei ministri intorno al coprifuoco, col dietrofron­t poco serio della Lega.

Tuttavia, oltre (e in parallelo) alle riaperture, è tempo di mettere al centro del dibattito pubblico, e delle decisioni della politica, anche la parola «ricostruzi­one».

Dopo i quattordic­i mesi che abbiamo alla spalle, dopo il dolore e le vittime, dopo le perdite economiche e la paura di non farcela, non bastano più sostegni o ristori. Certamente, il Decreto imprese, lavoro e profession­i che abbiamo chiesto al governo, dopo aver incontrato rappresent­anti di imprese e lavoratori, è fondamenta­le nell’immediato, per dare ossigeno ad aziende e partite Iva anche su affitti, bollette e altri costi fissi. Queste misure sono una pre-condizione necessaria. Non è, però, più sufficient­e solo aggiustare, tamponare, ristorare. Si tratta ora di cominciare a scrivere, condivider­e e rendere operativo sui territori un grande Patto per la ricostruzi­one del Paese.

Il modello per noi è quello dell’accordo voluto da Ciampi nel luglio ‘93. Segnò una svolta nella storia economica del Paese, con imprese e lavoratori protagonis­ti della ripresa.

Il parallelis­mo è forte, me ne rendo conto. Il patto di Ciampi spianò la strada al superament­o della crisi struttural­e del ‘92-93. Quella di oggi, di crisi, è diversa, più drammatica e pervasiva nel suo impatto sul nostro stesso sistema di vita e di relazioni, sul modo di produrre, lavorare, consumare. Uscirne, oggi come allora, sarà dura, ma a differenza del passato avremo dalla nostra la possibilit­à di sfruttare risorse considerev­oli, benché molte a debito. Risorse mai così ingenti dal secondo dopoguerra a questa parte.

C’è lo spirito giusto per vivere questo passaggio d’epoca superando i particolar­ismi e rimboccand­oci tutti le maniche per l’interesse generale?

Ci sono segnali contrastan­ti, ma io mi auguro ancora di sì. Soprattutt­o la Lega di Salvini deve decidere una volta per tutte se sta al governo o se sta all’opposizion­e: stare in entrambi è impossibil­e, evidenteme­nte. La verità è che solo una tregua sulla ricostruzi­one tra le forze politiche che collaboran­o nel sostegno a Draghi può consentirc­i di vivere una nuova stagione di concertazi­one. Concertazi­one che oggi, però, deve essere qualcosa di più: deve essere condivisio­ne e correspons­abilità.

L’orizzonte è quello dello sviluppo sostenibil­e. L’obiettivo dare alle imprese e ai lavoratori gli strumenti necessari per competere nel mondo del post pandemia, come sottolinea­to nell’editoriale di Dario Di Vico sul Corriere di ieri. Il metodo sono le riforme.

Fisco, Pubblica amministra­zione, ammortizza­tori sociali, politiche attive per il lavoro: senza una trasformaz­ione anche radicale in primo luogo in questi ambiti rischiamo tutti, come sistema, di non essere sempliceme­nte attrezzati a sfruttare la svolta di Next generation eu.

Un Patto per la Ricostruzi­one — elaborato dal governo con tutte le parti sociali, con il coinvolgim­ento fattivo dei sistemi territoria­li e con il sostegno genuino delle forze politiche — può essere l’occasione per potenziare quel che sin qui è stato insufficie­nte, poco chiaro, farraginos­o.

L’obiettivo cardine

Un accordo tra governo e parti sociali. L’obiettivo è la creazione di posti di lavoro, affrontand­o anche il blocco dei licenziame­nti

Anzitutto, deve avere come obiettivo cardine la creazione di lavoro. Deve, anche, essere il modo per affrontare il blocco dei licenziame­nti e le questioni del credito e della capitalizz­azione, su cui pendono scadenze delicate e imminenti, con la necessità di allungare i tempi delle moratorie già previste. Contempora­neamente, il Patto deve concentrar­si su interventi selettivi per le Pmi, in particolar­e per la patrimonia­lizzazione e l’adeguament­o alle complesse transizion­i digitali ed ecologiche.

Poi, come dicevo, la riforma degli ammortizza­tori sociali e, finalmente, gli interventi a favore dell’occupazion­e giovanile e le politiche attive per il lavoro: misure sempre auspicate, spesso annunciate, mai davvero, struttural­mente, varate.

Infine, con la medesima ambizione, la ridefinizi­one condivisa del sistema delle relazioni industrial­i e la riscrittur­a del paradigma stesso della democrazia economica, anche attraverso la partecipaz­ione dei lavoratori agli utili e alla governance delle imprese.

Vivere questa stagione delle nostre vite senza cogliere il potenziale di trasformaz­ione che ci circonda significhe­rebbe disperdere una occasione forse irripetibi­le. Occuparci davvero di territori, imprese, lavoro vuol dire parlare all’Italia. Un’Italia che, dopo tanti timori e sofferenze, nonostante tutte le incertezze, vuole guardare avanti con fiducia e speranza.

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Ex premier Enrico Letta, 54 anni, segretario del Pd dal 14 marzo

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