Autogolpe
Non esiste alcun nesso tra la ricchezza e l’intelligenza. Lo conferma la dozzina di miliardari indebitati che ha organizzato il golpe del calcio utilizzando gli stessi metodi da operetta del colonnello Tejero. Chiunque abbia letto un paio di libri di storia, o almeno il sussidiario delle elementari, sa che per avere qualche probabilità di successo un golpe ha bisogno del sostegno di una parte dell’esercito e della nomenclatura, rappresentati nel calcio dai tifosi e dalle vecchie glorie. Invece i golpisti della domenica sono spuntati da soli, a mezzanotte come i ladri, e con un’arroganza pari all’improvvisazione, risultando immediatamente antipatici a tutti (anche se alcuni di loro partivano avvantaggiati). Basti pensare che sono riusciti nell’impresa di trasformare il fin lì anonimo Ceferin, presidente dell’Uefa, in un eroe della Resistenza, come Eltsin quando arringava la folla sul carro armato davanti al Parlamento di Mosca.
Nell’ora del fallimento è emersa una certa differenza di stile. Una volta smascherati, i golpisti della Premier League si sono ricordati di avere un’opinione pubblica a cui rendere conto. «We made a mistake and we apologize for it», «Abbiamo commesso un errore e vi chiediamo scusa per questo», hanno detto all’unisono, rivolgendosi ai tifosi offesi. Ma se Paolo Maldini, a nome del Milan, li ha subito imitati, Andrea Agnelli e Florentino Pérez si sono ben guardati dal farlo. Evidentemente, oltre a non conoscere la storia, fanno finta di essersi dimenticati anche l’inglese.