Corriere della Sera

«Non siamo irresponsa­bili Adesso tocca alla politica indicare una via d’uscita»

Zaia: sembra una decisione dei tecnici, ma occorre una visione

- di Marco Cremonesi

Tutti i dubbi di Luca Zaia: «C’è qualcosa che non capisco… Sembra una decisione presa dai tecnici più che dai politici. Senza una sintesi...». Il governator­e veneto risponde al telefono poco dopo la fine del Consiglio dei ministri che ha confermato il coprifuoco alle 22. Con la Lega che, astenendos­i, si è chiamata fuori.

Perché dai tecnici e senza una sintesi?

«A me spiace perché quando fai questi discorsi ti tocca fare la figura dell’irresponsa­bile. Io non lo accetto, perché sono molto preoccupat­o. Una cosa è certa: dal punto di vista tecnico, più si chiude meglio è. Se restiamo serrati in casa, difficilme­nte ci contagerem­o. E come con le strisce pedonali: se le togli, non avrai più gli investiti sulle strisce. Ma non abbiamo bisogno dei tecnici per sentircelo dire».

Mario Draghi però ha ricordato che le decisioni erano già state concordate nella cabina di regia…

«Io non faccio parte della cabina di regia e dunque non posso parlarne. Ma credo che se in quella sede ci fosse stato il testo del decreto, e le linee guida preparate dalle Regioni, sono certo che la discussion­e sarebbe andata in maniera diversa».

La Lega in Consiglio dei ministri si è astenuta. Lei è d’accordo?

«Anche qui: io non c’ero e ho il massimo rispetto del lavoro di tutti. Detto questo, da spettatore esterno dico: assolutame­nte sì. Sono d’accordo. Ma il non voto non è un’assunzione di irresponsa­bilità. Chissà, ci vorrebbe il coraggio di trattare subito il decreto in Parlamento, invece di farlo andare a scadenza».

I contagi, però, restano…

«È vero. Nessuno vuole negare l’evidenza. I contagi, che peraltro in Veneto in questo momento arretrano, sono un fatto. Soltanto, ci saremmo aspettati un nuovo corso, quello della convivenza con il virus. Qui non ci sono guelfi e ghibellini, aperturist­i e chiusurist­i. Ma c’è un obiettivit­à e un buon senso che ci portano a fare alcune consideraz­ioni».

Per esempio?

«Se ci catapultia­mo al 22 aprile di un anno fa, eravamo ancora in lockdown. Da noi, le terapie intensive e i contagi erano più alti di oggi. Nonostante

il lockdown. Eppure, con coraggio, abbiamo tutti avuto ben chiara la visione delle riaperture. Oggi, meno. In una situazione molto diversa, senza un lockdown, per alcuni settori cruciali non immaginiam­o una ripartenza».

Beh, molto è già riaperto…

«Appunto. È innegabile che le strade siano piene, le attività produttive operative e le scuole aperte. Senza contare che, a differenza di un anno fa, abbiamo protocolli di cura, una diagnostic­a migliorata, gli anticorpi monoclonal­i e le vaccinazio­ni. Eppure, a qualcuno si dice no, tu no. Ed è inspiegabi­le».

Che cosa, per esempio?

«Non so… Se si autorizza l’apertura dalle 5 alle 18 dei ristoranti dall’1 giugno, significa che il virus in quelle ore sia a riposo? E come facciamo a spiegare che dal 26 aprile si possono fare gli sport di squadra e poi le palestre, dove lo sport è individual­e, restano chiuse? E perché dal 26 si possono aprire i cinema e non le altre attività simili? Per questo non vedo la mediazione politica».

Nessuno vuole negare l’evidenza I contagi sono un fatto Soltanto, ci saremmo aspettati un nuovo corso

Quella offerta dalla proposta delle Regioni?

«Le linee guida sono state presentate all’unanimità dalle Regioni, di destra e di sinistra. Nascono dal gruppo di lavoro coordinato dal Veneto e sottoscrit­to da tutti. Ma le Regioni non sono la contropart­e del governo, non lo sono mai state. Anche perché, di fronte al Covid, fare il gioco delle parti è disgustoso».

Il decreto mette in forse il turismo estivo?

«Beh, mi pare difficile che qualcuno oggi abbia voglia di investire. Chi viene in Italia se sa che c’è il coprifuoco? E ancora: non ci sono certezze sulle quarantene e gli obblighi a carico dei turisti. Mentre tenere i parchi tematici chiusi fino a luglio, significa partire con il freno tirato. Il decreto poteva essere un grande occasione per dire al mondo che l’Italia c’è. E del resto, l’estate scorsa non è stata un dramma. Se il mondo pensa che qui sia tutto chiuso, andrà in Grecia. Senza nemmeno bisogno che facciano le isole Covid free».

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Il ministro dello Sviluppo economico, 54 anni, ha detto che la Lega non voterà il decreto perché il coprifuoco resta alle 22
Giancarlo Giorgetti Il ministro dello Sviluppo economico, 54 anni, ha detto che la Lega non voterà il decreto perché il coprifuoco resta alle 22
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La ministra per le Pari opportunit­à e la famiglia, 47 anni, puntava a far spostare il coprifuoco alle 23
Elena Bonetti La ministra per le Pari opportunit­à e la famiglia, 47 anni, puntava a far spostare il coprifuoco alle 23
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Il ministro delle Politiche agricole, 46 anni, era contrario a spostare l’avvio del coprifuoco alle 23
Stefano Patuanelli Il ministro delle Politiche agricole, 46 anni, era contrario a spostare l’avvio del coprifuoco alle 23
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Il ministro della Salute, 42 anni, si è speso per le riaperture graduali e ha difeso il mantenimen­to del coprifuoco alle 22
Roberto Speranza Il ministro della Salute, 42 anni, si è speso per le riaperture graduali e ha difeso il mantenimen­to del coprifuoco alle 22
 ??  ?? Mariastell­a Gelmini La ministra agli Affari regionali, 47 anni, ha proposto il coprifuoco alle 22 puntando sulle riaperture graduali
Mariastell­a Gelmini La ministra agli Affari regionali, 47 anni, ha proposto il coprifuoco alle 22 puntando sulle riaperture graduali
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Il ministro dei Beni culturali, 62 anni, puntava a mantenere l’inizio del coprifuoco notturno alle 22
Dario Franceschi­ni Il ministro dei Beni culturali, 62 anni, puntava a mantenere l’inizio del coprifuoco notturno alle 22

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