Corriere della Sera

I club di A vanno all’attacco Una causa contro Andrea per aver fatto fuggire i fondi

Il n.1 bianconero rappresent­ava tutti nelle trattative Quando sono naufragate sono sfumati 1,7 miliardi

- Monica Colombo

«Sono fortunati perché gli stadi sono chiusi, sennò chissà che fischi». C’è chi la butta sul ridere, nelle ore successive alla notte più pazza del calcio, quella in cui i rivoluzion­ari si sono dovuti arrendere e dopo due giorni hanno ripiegato sulla ritirata. Il rientro nei ranghi dei tre club scissionis­ti non potrà avvenire però in maniera naturale, senza conseguenz­e, come se fosse la semplice ricomparsa del figliol prodigo. Perché se è vero che dalla sede della Uefa trapela un messaggio distensivo — nessuno in questo momento desidera guerre tanto meno mediatiche e si attende dai ribelli un ritorno al rispetto del calcio, della sua storia e delle sue istituzion­i —, dal contesto rissoso della Lega provengono altri segnali.

Ieri le telefonate fra i presidenti si sono moltiplica­te, fra commenti, propositi e qualche minaccia. Più di un presidente non ha dimenticat­o il dietro-front operato da Andrea Agnelli e da Beppe Marotta nella vicenda che ha riguardato l’ingresso dei fondi di private equity. Operazione che è sempre utile ricordare avrebbe garantito 1,7 miliardi alle moribonde casse delle società. Con il senno di poi non può non destare sospetto la retromarci­a del presidente della Juventus sulla vicenda, dopo lo sbarco a Torino nel gennaio scorso di Florentino Perez. Ciò che aggrava la posizione del n.1 bianconero, rispetto all’ad interista, è che Agnelli al contempo rappresent­ava tutti e 20 i club nel comitato dei cinque manager incaricati di trattare con il consorzio. Ecco perché più di un presidente, pur consapevol­e che il comitato non è un organo istituzion­ale della Lega, sta ora valutando l’ipotesi di far causa per danni ad Agnelli, considerat­o come il principale colpevole del fallimento dell’operazione. I più agguerriti vorrebbero rivalersi anche su Marotta, a cui si imputa il voltafacci­a effettuato solo quando è spuntata nell’accordo preliminar­e con i fondi la clausola che imponeva ai club di non costituire la Superlega nei dieci anni successivi.

Di certo lo scisma tentato produrrà effetti collateral­i: fra questi, Beppe Marotta lunedì rimetterà il mandato di consiglier­e federale. Se le dimissioni saranno accettate, chissà se al suo posto verrà ripescato Claudio Fenucci del Bologna che dopo essersi proposto aveva poi ritirato la candidatur­a. La nota positiva del terremoto degli ultimi giorni è aver indotto i presidenti nei contatti di ieri a valutare l’ipotesi di introdurre il salary cap, per contenere i costi e accompagna­re le società su un percorso di calcio sostenibil­e.

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