La sconfitta di Agnelli ultimo ad arrendersi La beffa finale da Downing Street
«Ora penserò solo alla Juve», ma si parla di dimissioni
Nei tre giorni che hanno sconvolto il calcio mancava solo la smentita ufficiale di un primo ministro alle parole del presidente di un club di calcio, per giunta di un altro Paese. All’ora del tè, il portavoce di Downing Street colma questo vuoto nella ricca sceneggiatura del crollo della Superlega replicando ad Andrea Agnelli. Il numero uno juventino all’agenzia Reuters aveva affermato che la dura opposizione del premier Boris Johnson al progetto della Superlega sarebbe stata dettata dal fatto che «se sei squadre si fossero staccate e avessero minacciato la Premier League, la politica l’avrebbe visto come un attacco alla Brexit e ai loro schemi politici».
Il portavoce del premier britannico ha risposto «respingendo» le parole del presidente della Juventus: «Il primo ministro è stato molto chiaro sul perché era giusto che il governo intervenisse e contribuisse alla marcia indietro dei club da questa proposta. Il governo è stato unicamente motivato dalla importanza del calcio, che è nel cuore delle comunità di tutto il Paese».
La mattinata era cominciata con la Juventus ancora ufficialmente dentro alla Superlega. Ma ben presto Agnelli era stato costretto ad ammettere il fallimento del progetto, già evidente dalla notte precedente: «Dobbiamo essere franchi e onesti, non può andare avanti. Resto convinto della bellezza del progetto, avremmo creato la migliore competizione del mondo».
Da lì a breve seguirà l’annuncio del club, senza tracce di scuse — del resto nei sondaggi il popolo juventino era l’unico in maggioranza favorevole al nuovo scenario — e anche senza alcuna menzione ai tifosi stessi. Il tonfo in Borsa per il secondo giorno consecutivo (-13,7% ieri a Piazza Affari), dopo il +18% all’apertura dei mercati lunedì mattina, completa un quadro più grigio che bianconero perché anche i presidenti sono giudicati dai risultati, soprattutto quelli economici.
E la Juve dei nove scudetti consecutivi oggi è una società attraversata da una crisi profonda alla quale si aggiunge adesso un danno di immagine globale anche nelle relazioni con le istituzioni e con gli altri club in Italia e all’estero. «Le relazioni ci sono, ne ho viste tante cambiare nel tempo — chiosa Agnelli con realismo —. Sono certo che le persone saranno aperte al dialogo, però non credo che questa industria sia sincera, affidabile e credibile».
Nel dubbio, il presidente della Uefa, Ceferin, padrino della figlia del numero uno juventino, tra ieri e martedì ha chiamato al telefono tutti gli scissionisti tranne Agnelli, dopo averlo apostrofato lunedì come bugiardo.
Exor smentisce in modo categorico le voci sempre più insistenti di un addio di Agnelli alla presidenza bianconera: «Ora mi concentrerò solo sulla Juve» rilancia lui, che dal 2017 era diventato anche numero uno di Eca, l’associazione dei club europei. La mossa della Superlega è stata concordata, come è naturale, con Exor e quindi con John Elkann. L’esito è stato catastrofico sia sul piano pratico che su quello dell’immagine internazionale. L’ossigeno ai conti potrebbe arrivare in tempi brevi dall’ingresso di un fondo di private equity come socio di minoranza. E anche sul fronte puramente sportivo c’è una qualificazione alla Champions tuttora da conquistare. Il campionato termina tra un mese, un arco di tempo che permette di approfondire eventuali soluzioni per la successione: la figura di Alessandro Nasi, cugino di Andrea e John, oltre che compagno di Alena Seredova ex moglie di Gigi Buffon, resta quella più accreditata.
Quarantasei anni, manager dal curriculum molto solido, riservato a dir poco, Nasi ha vissuto a lungo a New York, con esperienze in Merryl Linch e Jp Morgan, prima di tornare nel gruppo di famiglia, dove è cresciuto sotto l’ala di Sergio Marchionne. Oggi è vicepresidente di Exor e presidente di Comau, azienda del gruppo Stellantis che si occupa di robotica.
Se dovesse vincere la «volata» tra cugini, Nasi non sarebbe un presidente in prima linea nella gestione sportiva: in questo senso, pensare a un ritorno a Torino dell’ex ad Beppe Marotta, per quanto lui stesso abbia smentito con forza l’ipotesi anche di recente, non è fantamercato: i rapporti con John Elkann sono eccellenti.
Come non lo è il possibile sbarco a Torino di due leggende del recente passato: David Trezeguet, che studia da d.s., e Alessandro Del Piero, che potrebbe prendere il posto di vicepresidente, oggi di Pavel Nedved: i più amati dai tifosi per completare una rivoluzione completa. Anche se nessuno come Agnelli sa che certe rivoluzioni possono finire prima di cominciare.
Chiedo scusa a tutti: i tifosi, i giocatori, la squadra. Ho portato tanta negatività negli ultimi due giorni e sono il solo responsabile John W. Henry, proprietario del Liverpool
Dobbiamo essere franchi e onesti, non si può andare avanti. Un peccato: avremmo creato la migliore competizione del mondo Andrea Agnelli, presidente Juventus