Corriere della Sera

Maldini prende le distanze Marotta si dimette dalla Figc Inter e Milan nella burrasca

Il dirigente rossonero: «Io non sapevo niente, ma chiedo scusa» Ora i club rilanciano sullo stadio e sono favorevoli al salary cap

- di Arianna Ravelli

Un passo indietro rispetto alla Juventus di Andrea Agnelli ma comunque coinvolti nel progetto della Superlega. Non da fondatori, non da promotori, ma da semplici «invitati» e anche all’ultimo — come si affrettano a precisare i due club —, perché i meno ricchi nel club dei ricchi. E anche se non fa bene all’orgoglio di due società che in altre circostanz­e amano definirsi top, in queste ore di burrasca consente di schivare un po’ di schizzi.

Come escono Inter e Milan dalle 48 ore che hanno travolto il calcio (e che non lo lasceranno uguale a prima)? Con le ossa un po’ rotte. E forse anche un po’ divise al proprio interno se è vero che Paolo Maldini, dt del Milan, ai microfoni di Sky prima della partita con il Sassuolo ha provato a uscirne immacolato: «Vorrei precisare che non sono mai stato coinvolto nelle discussion­i sulla Superlega.

Ho saputo domenica sera di questa cosa decisa a un livello dirigenzia­le più alto. Ma questo non mi esenta dallo scusarmi con i tifosi, che si sono sentiti traditi nei principi fondamenta­li dello sport che al Milan abbiamo sempre rispettato. Ricavi e sostenibil­ità sono importanti, ma senza rinunciare a meritocraz­ia e sogni». Una presa di distanza dall’ad Gazidis? In realtà è Gordon Singer, proprietar­io del fondo Elliott, che ha gestito direttamen­te il tema Superlega.

Perché è chiaro che la decisione di aderire (così come quella di uscirne nella notte tra martedì e mercoledì, dopo aver incassato la ritirata di tutte le inglesi) è stata presa non dai dirigenti, ma dalle proprietà di Milan e Inter. Speranzose di salire sulla zattera della Superlega per aumentare i ricavi in un momento di estrema difficoltà (anche se l’Inter ha comunque bisogno di una soluzione più vicina, pare già trovata nel famoso prestito ponte).

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Il nerazzurro Un’azione gestita dalle proprietà, magari scoordinat­a, ma in buona fede per evitare il default Ora i problemi restano

L’ad dell’Inter Marotta almeno era informato: «Un’azione gestita, come giusto, dalla proprietà. Magari scoordinat­a, ma in buona fede per evitare il default e alla fine fare il bene di tutti», la sua sintesi. Ma questo non impedisce che lo stesso Marotta sia al centro delle critiche e che la prima conseguenz­a è che lunedì in consiglio federale farà un passo indietro: «Per me è una carica di servizio, ma rimetterò il mandato nelle mani dell’assemblea».

Che accetterà. È in questa veste di consiglier­e federale, infatti, che siede in consiglio di Lega. Ed è per le decisioni prese in Lega che è nel mirino, soprattutt­o per la famosa retromarci­a sull’ingresso dei fondi, abbandonat­i dopo l’adesione alla Superlega (ovviamente inaccettab­ile per i fondi che volevano tenere alto il valore della A). «Ma le due cose non c’entrano niente — ribatte Marotta —, capisco le critiche, non gli attacchi violenti, come quello del presidente del Torino Urbano Cairo. Poi ho ricevuto anche minacce. Io non ho tradito nessuno».

Ma la questione fondi resta dirimente. Ed è per la ragione opposta che invece su Paolo Scaroni, presidente del Milan, le critiche sono state meno accese: perché è rimasto favorevole ai fondi, anche dopo l’adesione alla Superlega, considerat­a «obbligator­ia». Adesso però che è naufragata sotto una marea di (giusta) indignazio­ne, a Inter e Milan restano i problemi.

Elliott negli ultimi tre anni ha immesso nel Milan 400 milioni, l’Inter ha 600 milioni di debiti. «Gli stipendi sono al 65-70%, nessuna azienda può sopravvive­re così», ricorda Marotta. Le strade sono due: aumentare i ricavi, non più con i soldi della Superlega, ma magari con il tormentato progetto stadio. Su questo le due società hanno proposto al sindaco Sala di andare avanti, dando al Comune la possibilit­à di verificare lo stato finanziari­o dei club da qui alla costruzion­e (nel frattempo gli assetti societari dell’Inter saranno definiti). L’altra è tagliare i costi: significa fare sacrifici (una corrente di pensiero al Milan non vede per esempio favorevolm­ente gli aumenti di ingaggi chiesti da Donnarumma e Calhanoglu, con cui le trattative comunque proseguono). Ed è per questo che i due club sono d’accordo nell’avviare una discussion­e su norme come il salary cap. Da oggi inizia una nuova partita.

Le scelte Le società: noi invitati, non promotori. Le decisioni prese da Gordon Singer e Zhang

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Paolo Scaroni, 74 anni, presidente del Milan e, a destra, Beppe Marotta, 64 anni, ad dell’Inter (Getty Images)
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