Corriere della Sera

I pastori del Grande Nord contro il colosso del legname «Fermate il disboscame­nto o per le renne sarà la fine»

Svezia, la sfida del popolo Sàmi all’azienda statale Sveaskog

- di Sara Gandolfi

L’impegno politico di diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 è ora anche un impegno giuridico. E pone l’Ue su un percorso verde per un’intera generazion­e Ursula von der Leyen Presidente della Commission­e Ue

Greenpeace: le ultime foreste naturali sono ricche di licheni, il cibo principale degli animali

«L’allevament­o delle renne non è solo una profession­e. È qualcosa con cui convivi 24 ore su 24, tutto l’anno, generazion­e dopo generazion­e. Le nostre famiglie hanno vissuto in queste terre e continuato ad allevare le renne Sámi nella foresta per molte centinaia di anni». Katarina Sevä è una donna pastore e vuole provare a fermare una delle società più potenti della Svezia, l’azienda statale di legname Sveaskog. «Il disboscame­nto a fini commercial­i è una catastrofe per il distretto di Muonio. Negli ultimi due anni, Sveaskog ha interrotto tutti i processi di consultazi­one con noi allevatori Sámi e ha abbattuto le foreste antiche sulle nostre terre ancestrali che avevamo chiesto loro di lasciare intatte. Se continua così, sarà la fine dell’allevament­o di renne quassù».

Quassù significa il Grande Nord artico, lungo il fiume Muonio che separa la Svezia dalla Finlandia. Sápmi, la patria dei Sámi, ultimo popolo indigeno d’Europa, si estende però ben oltre quel confine, dalla penisola di Kola fino alla Norvegia centrale, includendo la regione della Lapponia nel nord della Finlandia e appunto della Svezia. In quest’ultimo Paese abitano circa 20.000 Sámi. Di questi, 4.700 sono allevatori di renne in uno dei 51 distretti dedicati. E quello di Muonio Sáme è in una delle zone più remote.

I pascoli coprono circa 3.640 chilometri quadrati nel comune di Pajala, con la possibilit­à di allevare in libertà fino a 3.900 renne tra le foreste immerse nella neve invernale. Sveaskog ha però già depositato circa 100 notifiche di abbattimen­to alle autorità che, secondo la ong Greenpeace, coincidono in gran parte con le «foreste di continuità», ovvero gli ultimi boschi naturali in Svezia, che non sono mai stati «tagliati» e sono ricchi di licheni, la dieta predominan­te delle renne. È un’area di 2.000 ettari, pari a più di 2.800 campi da calcio. Su 1 ettaro possono esserci tra 300 e 500 alberi. La stima della possibile devastazio­ne è presto fatta. «La foresta è una rete di miriadi di specie, dai microbi agli insetti, erbe, fiori, funghi, muschi, licheni, cespugli ecc. Una rete che crea biodiversi­tà e assorbe CO2. E poi ci sono gli alberi, da cui tutto dipende, nei loro vari stadi di vita. Giganti viventi di 200 anni e nuovi pini che combattono verso il sole, ciascun tipo gioca un ruolo unico nel mantenimen­to del sistema. Compresi gli alberi «morti» che sono caduti, magari con radici ancora vive — spiega Dima Litvinov, senior campaigner di Greenpeace Svezia —. Quando gli alberi vengono abbattuti e l’area riseminata, questa rete scompare ed è sostituita da una piantagion­e di alberi. Al posto della foresta ci sarà un’azienda agricola con un’unica specie, della stessa età e composizio­ne genetica. È come paragonare un prato a un campo di grano».

Il disboscame­nto non destabiliz­za soltanto l’allevament­o, principale fonte di reddito dei Sámi, ma anche il settore in rapida crescita dell’ecoturismo. In cambio, non fornisce quasi impiego nella zona: il legname viene portato più a sud, per essere lavorato nelle cartiere. Ma la figlia di Katarina Sevä, 14 anni, non si scompone: «Anch’io da grande farò il pastore di renne».

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 ?? (Greenpeace) ?? Al confine Foreste e aree disboscate nel Nord della Svezia, vicino alla Finlandia. Sopra e a destra, i pastori Katarina Sevä e Ronny Nyström con le loro renne
(Greenpeace) Al confine Foreste e aree disboscate nel Nord della Svezia, vicino alla Finlandia. Sopra e a destra, i pastori Katarina Sevä e Ronny Nyström con le loro renne
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